A Roma un furto arbitrale oltre ogni immaginazione

17.12.2018 12:33 di Franco Avanzini   vedi letture

No, stavolta Totti non ha fatto il giro delle televisioni per inveire contro l'arbitro. Se n'è stato quatto quatto a godere la riscossa della sua Rometta, spinta (parola mai così attuale...) alla vittoria dall'ineffabile Di Bello. Persino la Tv di Stato, da sempre incline verso le due squadre capitoline, si è arresa all'evidenza, mostrando da ogni angolazione l'episodio dello spintone di Florenzi ai danni di Pandev in pienissima area durante i minuti di recupero. Rigore solare, non concesso per una scandalosa interpretazione arbitrale.

La Roma, in crisi nera, non poteva permettersi di non vincere questa gara: l'input è partito anche dalle alte sfere del nostro calcio ed è stato impresso chiaramente nelle orecchie del direttore di gara, che mezz'ora prima del fattaccio aveva colto immediatamente la segnalazione del Var, protesa a vanificare il terzo gol rossoblù per un millimetrico fuorigioco di Piatek risalente ad un minuto prima e a due azioni precedenti.

Cose mai viste, inenarrabili, anche se in molti – e noi per primi – avevamo preconizzato già prima del fischio iniziale che l'uomo da marcare con maggiore attenzione non era un giocatore giallorosso ma il fischietto brindisino. Ovvio, lui sperava che la Lupa si imponesse con i propri mezzi ma sapeva di dover intervenire in caso di... bisogno, e così ha fatto. Decisioni politiche, non tecniche, quelle che hanno affossato un Genoa meritevole addirittura di vincere, non solo di pareggiare.

Chissà cosa inventeranno, in futuro, per perpetuare la tradizione di un Grifo mai vincente all'Olimpico di fronte ai giallorossi. E fanno tre: sì, tre turni consecutivi di campionato in cui i rossoblù patiscono un torto arbitrale. A Torino il raddoppio granata avvenne dopo un fallo da rigore commesso da Sandro ben oltre il recupero fissato. Con la Spal a Marassi il fallo da ammonizione di Criscito è stato punito con una risibile espulsione diretta. All'Olimpico si è abbondantemente superato lo steccato del grottesco. Ma se nell'ultima puntata era già scritto nel libro del campionato tutto quanto abbiamo dovuto toccare con mano, i due momenti topici precedenti testificano la debolezza “politica” di una società che evidentemente non è capace di farsi rispettare nei piani alti del football. Uno degli innumerevoli difetti di un club eccessivamente racchiuso in un personaggio il cui comportamento da sempre è stato oggetto di discussione. 

Peccato, perché il Genoa all'Olimpico ha disputato un partitone a prescindere dalle manchevolezze contingenti degli avversari. Un dominio mai registrato in decenni di esibizioni: purtroppo non è bastato ad uscire con qualche punto in tasca, molto a causa di un increscioso arbitraggio, ma anche per qualche ingenuità mista a scarsa concretezza mostrata dai pedatori di Prandelli. Il Grifo ha costruito almeno sette-otto opportunità da gol nitide, specialmente in contropiede, ma in definitiva ha realizzato solo un gol di imperio (quello targato Hiljemark), mentre gli altri due (il primo e quello annullato a Lazovic) sono stati cadeaux natalizi dell'impresentabile portiere Olsen.

Nonostante la presenza del capocannoniere, i rossoblù debbo crescere in fatto di cinismo in zona gol, anche se i difetti più evidenti sono emersi in fase difensiva e gestionale. Passi la prima segnatura romanista, ma è stato assurdo concedere, a qualche secondo dall'intervallo, il gol del secondo pareggio in contropiede: purtroppo, Zukanovic è lentissimo e in campo largo viene superato da qualsiasi antagonista dotato di velocità media. Ma che dire di Romulo che aveva perso palla a centrocampo e di Romero che non ha chiuso a dovere sul diagonale di Kluivert? Sulla terza segnatura dei locali, quella del sorpasso, il Grifo ha pagato la stanchezza di Sandro, il quale ha confermato di avere in serbatoio benzina solo per mezza partita. Era lui a dover contrastare Cristante, lasciato invece libero di infilzare Radu dal limite.

La mano di Prandelli si è limpidamente avvertita in un Genoa sicuramente progredito nel gioco, ma la fragilità è una pecca che potrà scomparire non tanto con un ritocco al modulo tattico (l'agognato passaggio alla difesa a quattro), ma con una massiccia campagna di rafforzamento sul mercato invernale. Occorrono un portiere più affidabile del giovane rumeno, un difensore veloce e un paio di centrocampisti che garantiscano qualità nel gestire la palla e corsa, per accrescere il numero degli inserimenti offensivi. Altrimenti, presidente, giocatori e tifosi (i meno colpevoli, vale ripeterlo?) saranno costretti a penare sino a metà maggio, ad onta dei proclami preziosiani di metà estate.

PIERLUIGI GAMBINO

 


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