Andrea Bianchi, una vita da genoano

16.06.2017 13:14 di  Franco Avanzini   vedi letture

La Cantera Rossoblu Barabino & Partners ha sformato numerosi campioncini in questo ultimo periodo e questa stagione ha messo in risalto un lavoro molto importante svolto dai vari tecnici che ne fanno parte. Basti guardare ai vari campionati giovanili per scoprire come l'opera svolta in seno al Genoa abbia portato a risultati probabilmente impensabili ad inizio stagione.

Allo Stadio della Sciorba, in Val Bisagno, dove la Cantera genoana ha la sua sede, opera uno staff di primissimo livello. Il coordinatore tecnico nonché scouting è Andrea Bianchi, uno di quelli che certamente hanno il marchio del Grifone tatuato dentro di se.

I suoi modi di fare sono proverbiali, i bambini instradati nel miglior modo possibile, insegnando loro quella che è la vera genoanità. Bianchi ha vestito i colori rossoblu fin dall'età di 12 anni facendo la trafila nelle varie squadre giovanili della squadra ligure. La prima casacca indossata fu quella degli Esordienti.

Direttamente dal sito ufficiale della società di Villa Rostan www.genoacfc.it; ha parlato lo stesso Bianchi che ha proseguito ricordando il suo percorso genoano: "Da lì ho compiuto tutta la trafila al Pio XII, l’attuale campo della prima squadra. Giovanissimi, Allievi, Berretti, Primavera. Sono cresciuto con allenatori , mostri sacri nella storia delle nostre giovanili, come Mainetto, Maselli e Perotti. Ho impresse nella mente le lunghe attese sulla pista di atletica, aspettando che si liberasse il terreno di gioco per poterlo calpestare. Ho avuto la fortuna di entrare e compagni come Murgita, Sgrò, Signorelli, Eranio e altri ancora. Nei primi anni Novanta poi sono stato aggregato alla prima squadra. Alla vista dello spogliatoio del Ferraris, la prima volta, provai un’emozione intensa, anche un po’ strana. I ricordi a cui i miei genitori sono rimasti legati, me lo dicono spesso, più che all’esordio tra i professionisti, riconducono a quando partivamo in auto per venirmi a vedere ragazzo nei tornei in cui ero impegnato”.

Meglio quando faceva il calciatore oppure adesso a contatto coi bambini? Il coordinatore tecnico ammette: “L’esperienza più gratificante? Quella che sto facendo adesso, da alcuni anni. Non mi mancano le stagioni come calciatore. Nella scuola calcio ragioniamo con input collettivi, ognuno mette a disposizione le proprie conoscenze, sappiamo di lavorare con e per obiettivi comuni. Siamo un gruppo attaccato al Genoa, come frutti appesi all’albero. Cosa comunichiamo ai ragazzi? Al di là degli aspetti sportivi  – il calcio è diventato più veloce, c’è meno tempo per pensare – cerchiamo di trasmettere il senso dei nostri valori. Quelli che ci spingono a lavorare felici. Amore per la maglia, senso di appartenenza al primo posto. Giocare per i nostri colori, per i compagni, per la squadra, la società. Punti di forza da portare in palmo di mano”.

La vita regala momenti importanti, talvolta sa pure stupire, situazioni nella quale le vittorie nella bacheca contano certamente meno. Andrea Bianchi conclude dicendo che: “Ho un figlio disabile, Cristian, che è il mio orgoglio. Mi ha fatto il dono di poter crescere in fretta come uomo, in un percorso che non è stato facile da affrontare soprattutto all’inizio. Credo che l’integrazione per i ragazzi e le persone con disabilità passi obbligatoriamente dalla frequentazione con persone senza disabilità. E’ brutto e poco produttivo rinchiuderli in eventi organizzati tra di loro. Lo sport può aiutare all’inserimento, deve però avere una matrice inclusiva e non esclusiva, se si vogliono ottenere risultati”.


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