Cambio di marcia nel finale. Vince la strategia del Balla
Cesarini può andare in pensione. Ora è di moda la Zona Laxalt. Due gol vincenti nel recupero a distanza di una settimana costituiscono un piccolo record, che inorgoglisce l'ambiente genoano. Il piccolo uruguagio da qualche settimana è tornato lo stantuffo inesauribile di due anni orsono: come se un motorino supplementare gli permettesse di sprigionare energie infinite.
Ma il secondo successo stagionale al Bentegodi non è solo merito dell'inesauribile sudamericano. Ci ha messo del suo anche Ballardini, il quale – proprio come all'Olimpico – ha azzeccato la strategia, che contempla un attento controllo del match, senza correre rischi, per un'ottantina di minuti, ed un'accelerazione violenta, quasi uno strappo nella restante fetta di match, quando di solito emerge la formazione atleticamente più in palla.
A questo progetto si debbono le sostituzioni, nel finale, di Pereira con Lazovic e di Hiljemark con Bessa. Apparentemente, due mosse azzardate, che avrebbero dovuto privare il Grifo di solidtà difensiva e di robustezza, ma in verità si è trattato di un autentico cambio di orientamento. L'incursione dello slamomeggiante Pandev, rintuzzata in extremis da Sorrentino, non era che l'aperitivo del colpaccio. E proprio nell'episodio topico si è distinto non solo l'autore del gol ma anche Lapadula, la cui testata in torsione è stata determinante. Inutile ribadire che l'italo-peruviano è meno utile nel meccanismo di gioco genoano rispetto a Galabinov, ieri appiedato da un infortunio, ma andando a ripercorrere le sue recite, sporadiche e quasi sempre limitate nel tempo, si scopre il suo zampino in tante segnature e opportunità offensive favorevoli. Prima dell'assist, come ignorare il calcio fermo che si era procurato al limite dell'area?
Dunque, un Grifone cinico e puntuale, che – come a Roma – ha saputo cuocere a fuoco lento l'avversario attirandolo nella sua trappola. In entrambi i casi la sua situazione psicologia era migliore e andava capitalizzata a dovere nel momento opportuno, quando nelle file rivali è iniziato a scorrere qualche brivido di insicurezza, quasi di paura. A livello di giudizi singoli, ancora sugli scudi tutti i difensori, ma un genoano si staglia nettamente su tutti: Goran Pandev, letteralmente rifiorito, capace di non sciupare una sola giocata, di insediarsi al centro della manovra e di correre come mai in passato sino al 90' e oltre. Almeno in questa domenica felice, è apparso di un altro pianeta a confronto con compagni e antagonisti.
Cosa importa se per cinque sesti almeno la sfida di Verona è stata una lagna insopportabile, con due squadre tatticamente guardinghe, povere di fantasia, protese più a rompere che a costruire? D'altronde, era arcinoto che i due attacchi non brillassero per prolificità. Il Genoa, però, aveva dalla sua un po' di qualità in più, emersa quando le squadre hanno iniziato ad allungarsi. Nulla di trascendentale, ma in questo campionato di livello bassissimo basta poco per fare la differenza e compiere clamorosi balzi in classifica.
Adesso anche per chi, come chi scrive, ha nella prudenza una perenne consigliera, la pratica salvezza sembra ormai archiviata. Spal, Verona e Benevento infatti, rischiano di non riuscire a raggiungere, da qui alla resa dei conti, la quota 27 che caratterizza attualmente i rossoblù. Risolto il problema esistenziale, ecco che la Preziosi's Band proverà a prendersi, da qui a maggio, qualche soddisfazione, a partire dal successo nel derby di ritorno. E chissà che l'invidiabile serenità non favorisca l'aggancio di qualche altra compagine e addirittura un clamoroso trasferimento nella colonna a sinistra della graduatoria. Balla, intanto, potrà iniziare a saggiare la caratura di qualche elemento in prospettiva futura: giustamente non abiurerà all'attuale modulo difensivo, così efficace, ma avrà modo di rilanciare Lapadula, di vedere all'opera El Yamiq, Bessa e Medeiros. Tutti esperimenti legittimi e, anzi, da caldeggiare decisamente, ad un'unica condizione: che non privino di qualche gioia marassina gli abbonati, felici sì per questi successi esterni a ripetizione, ma non ancora appagati.
PIERLUIGI GAMBINO
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