Doversi aggrappare ai cugini doriani; il destino di un Grifo autolesionista

12.05.2019 12:29 di  Franco Avanzini   vedi letture

Aggrappati ai cugini: una sorta di nemesi, un destino amarissimo per questo Genoa che non perde occasione di mostrare tutti i suoi spaventosi limiti. Tutto si sarebbe augurato il tifoso rossoblù medio meno che di dover chiedere disperatamente alla Sampdoria un aiuto, col timore legittimo di vederselo negare. Ormai anche il suppoter rossoblù più generoso e permissivo è costretto ad arrendersi:il Genoa attuale, ulteriormente indebolito sul mercato di novembre, strameriterebbe la discesa agli inferi, evento che ovviamente nessuno può augurarsi. Le sconfitte di Cagliari e Fiorentina, le ultime due antagoniste stagionali che erano alla spasmodica e vana ricerca del punto tranquillità, hanno trasformato questo sabato in una giornata da incubi per qualsiasi genoano. E se, pur rocambolesca, dovesse materializzarsi la permanenza in A, sarebbe comunque impossibile illudersi che le tremende ansie provate in queste ultime giornate inducano il presidente Preziosi a cambiare rotta.

Vero che l'Atalanta si stava giocando addirittura la Champions, ma cos'altro pretendere dalla sorte oltre ai tre squalificati nelle file nerazzurre e allo spostamento a Reggio Emilia dell'attesissimo testacoda? In campo, la Bergamasca non ha brillato, frenata psicologicamente dal classico vitello nella pancia, dalla prospettiva di giocare dopo quattro giorni la finale di Coppa Italia e da una comprensibile stanchezza. Un avversario normale ne avrebbe approfittato passando all'incasso, ma il Genoa è ricaduto per l'ennesima volta nell'autolesionismo, regalando letteralmente due gol e peggiorando in modo allarmante la propria classifica.

Col Toro sbagliò Veloso, ieri l'errore costato lo svantaggio reca la firma di Zukanovic: quando ci mollano i veterani, coloro che dovrebbero prendere per mano un team pericolante e condurlo alla salvezza, l'impresa si trasforma in un salto triplo salto mortale carpiato senza rete. A che serve disputare in primo tempo accettabile se non si riesce a buttarla dentro e non ci si dimostra minimamente insidiosi in zona gol (di Veloso, con parata di Gollini, l'unico tentativo serio)? Se nel momento migliore si rimane a secco, è scontato pagare successivamente dazio alla prima topica. Piramidale quella di Zukanovic, autore di un piazzamento assurdo che ha spalancato un'autostrada a Barrow, ma non trascurabile neppure la palla persa da Kouamé, costata il raddoppio nerazzurro.

Il solito Grifo, insomma: fragile indietro e inconcludente in avanti, se eccettuiamo la platonica segnatura di Pandev nel finale, propiziata – guarda un po'... - dal solito Romero, le cui prestazioni sono così convincenti da rendere estremamente improbabile l'ipotesi che la Juve lo lasci ancora un anno in Liguria,

Inevitabile, ngli spogliatoio dello stadio reggiano, una certa tensione, spenta a fatica dall'incursione sollecita del presidente Preziosi, conscio di dover scontare una pena pesantissima in caso di retrocessione. D'altronde, chi se non lui è il principale colpevole di questo sfascio? E chi se non lui andrebbe premiato con un gigantesco Tapiro per il più clamoroso degli autogol societari compiuti regalando all'Atalanta un fuoriclasse della panchina come il Gasp e contribuendo addirittura con un bonifico da 400 mila euro a pagargli l'ingaggio della stagione successiva? Il torinese è ad un passo da una clamorosa e strameritata Champions, mentre i suoi successori sulla panca rossoblù – una lunga teoria di personaggi più o meno incisivi – non sono riusciti ad elevare il Genoa da un'avvilente mediocrità, di gioco e di risultati.

                                         PIERLUIGI GAMBINO


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