Irrisolti con i recenti innesti i vecchi problemi a centrocampo
l punticino strappato al Sa ssuolo è un altro mattone posato nella costruzione non del mini-appartamento (perché di castello non si può certo parlare) targato salvezza. La gara con i nero-verdi ha ribadito ulteriormente che il Genoa è superiore a cinque-sei formazioni di A, quelle sotto in classifica e, pertanto, difficilmente precipiterà nelle zone melmose. Ma è anche inferiore a tutto il resto del lotto, comprese formazioni sostenute dalla metà dei tifosi rossoblù. A conti fatti, il Grifone attuale è perfettamente allineato con le strategie di una società che mira esclusivamente al bene più prezioso, la permanenza nell'Olimpo, senza alcuna ambizione di piazzamento onorevole. Gli addetti ai lavori hanno riempito di “7” le pagelle di mercato inerenti il Genoa, ma la sensazione è che, più di un rafforzamento dell'organico, abbiano abbagliato i 35 milioni incassati per Piatek: operazione capolavoro a livello finanziario.
Sia chiaro, Sanabria, il sostituto del polacco, si è presentato con due sigilli in altrettante esibizioni, sicché ci si può sbilanciare riguardo alla bontà della “pezza” apposta dal Prez e da Perinetti in prima linea, ma è ovvio che i tifosi, constatate le mancate partenze di Duncan e Sensi da Sassuolo, di Barella da Cagliari, di De Paul da Udine, si sentano nuovamente presi in giro: alla fin fine, l'unico campione che si sia mosso a gennaio è stato proprio il loro beniamino. Ribadito che Sanabria, pur diverso dal neo-rossonero, è funzionale al progetto, si sperava che i denari incassati servissero a costruire un centrocampo finalmente propositivo. Sotto esame erano i due nuovi acquisti Radovanovic e Lerager, che non hanno strappato “Oh” di entusiasmo. Il primo è un Veloso più robusto, ma rientra nel novero dei centromediani metodisti, bravi a fare schermo davanti alla difesa, ma piuttosto lenti. Il secondo, che era all'esordio assoluto in un campionato ben più probante di quello transalpino, andrà riesaminato a fondo e valutato solo dopo un discreto pacchetto di partite consecutive. Probabilmente è ancora spaesato e deve calarsi in un contesto tattico e agonistico ben più impegnativo: comprensibile che all'esordio non abbia brillato, accontentandosi di tenere la posizione, senza un lampo o un'iniziativa di rilievo.
Il nuovo Genoa, sospeso tra il 4-2-3-1 e il 4-5-1, non è parso più propositivo di quello vecchio. Prandelli, tecnico eccellente ma non certo modernissimo, non ha mai provato la tentazione di ordinare una trama palla a terra partendo dalla difesa. Il lancio lungo a scavalcare il settore centrale era l'arma sfoderata per mesi e resta la sola soluzione praticabile, nella speranza che Kouamé inventi la progressione vincente o i difensori avversari si concedano una fatale dormita. Una scelta indotta dalla modesta caratura tecnica di un reparto mediano che avrebbe necessitato di un possente salto di qualità.
L'attuale modulo, inoltre, sacrifica almeno in parte Kouamè, costretto ad uno sfiancante lavoro lungo tutta la fascia, e non esalta Lazovic, tornato rapidamente ai livelli abituali, quelli così lontani dalla suo secondo tempo ad Empoli. In teoria, Bessa gioca nella posizione prediletta, ma gli antichi limiti fisici lo condizionano. Se non altro, la fase difensiva regge abbastanza, e anche contro una formazione ricca di punteros come il Sassuolo, i pericoli corsi da Radu sono stati rarissimi. E siccome per salvarsi bastano a volte i pareggi, questo pregio è una garanzia di successo Nel lunch match di domenica prossima in casa di un Bologna rigenerato dalla terapia Mihajlovic e dai recenti rinforzi, il Grifo dovrà confermare quest'apprezzabile robustezza, affidandosi a Pereira (con Biraschi spostato in mezzo, dove meglio rende) o a Gunter per ovviare alla pesante assenza dello squalificato Romero. Un altro esame finestra delicato, che non ammette distrazioni.
PIERLUIGI GAMBINO
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