Juric paga anche le colpe della società. Mandorlini il solo con cui programmare

20.02.2017 12:42 di Redazione Genoa News 1893   vedi letture

Siamo alla commedia dell'assurdo. Passi pagare due allenatori in un anno – situazione che caratterizza più di una società di calcio quando i risultati e le prestazioni non corrispondono alle aspettative – ma addirittura sborsare 400 mila euro supplementari a vantaggio di un altro club per contribuire all'ingaggio del tecnico che aveva fatto le tue fortune è un esempio preclaro, quasi irraggiungibile di tafazzismo. Se la ride beato Percassi, presidente atalantino in odore di qualificazione internazionale, mentre il suo collega Preziosi è stato costretto a seguire la prassi abituale in casa Genoa quando viene allontanato Gian Piero Gasperini, il solo mister in grado di reggere alla bulimia commerciale del proprio patron e a rifare di sana pianta una squadra appena disfatta dalla dirigenza.

Così ha pagato, come al solito, l'allenatore di turno, Ivan Juric, al quale vanno ascritte responsabilità infinitesimali rispetto a quelle del suo datore di lavoro. Il croato è uomo serio corretto, appassionato e genoano e giustamente è stato risparmiato in gran parte dagli strali dei tifosi più accesi. Anche lui ha commesso errori, ci mancherebbe. Il Grifo è volato alto sin quando l'atletismo ha sorretto gli sforzi di giocatori individualmente modesti. Quando la condizione è venuta meno, ecco messi a nudo i limiti tecnici di una squadra votata esclusivamente alla battaglia e condannata a tenere ritmi altissimi, insostenibili per una stagione intera. Altro sbaglio fatale è stato l'insistenza pervicace su un modulo, il 3-4-3, assolutamente inadatto alle caratteristiche di centrocampisti ideali per una “cinque”. I vari Cataldi, Hiljemark, Rigoni non sono fuoriclasse, ma se li si impiega pure fuori ruolo, la frittata si compie inevitabilmente. Gli altri sbagli ascrivibili all'ex crotonese chiamano in causa la sua inesperienza a certi livelli: se le cose filano lisce, nessun problema, ma appena le onde si increspano, le difficoltà si moltiplicano.

Dato in negativo a Cesare quel che è di Cesare, sarebbe ingiusto non riconoscere le mille attenuanti a suo favore. Non è colpa sua se ad un certo punto si è volatilizzato tutto l'asse centrale, composto da elementi di assoluto valore e di carattere ferreo, capaci di trascinare i compagni meno dotati e più titubanti. In un periodo breve, ecco partire Pavoletti e Rincon ed infortunarsi seriamente Perin e Veloso, quattro insostituibili. In sovrappiù, la società ha deciso di non sostituire Rincon con un pari ruolo e di ingaggiare calciatori che definire rinforzi è impossibile: Beghetto e Morosini considerati immaturi e lasciati fuori, Taarabt giunto a Genova con una decina di chili da smaltire, Pinilla e Palladino ormai sfioriti e al capolinea di carriera, Hiljemark e Cataldi dimostratisi non all'altezza. Con loro, Genoa più forte di prima? Mi faccia il piacere, direbbe Totò.

Ora tocca a Mandorlini, che tra i papabili all'eredità di Juric era il solo col quale avviare una programmazione a tempi non brevissimi. Rispettabile la scelta del Prez di non promuovere un altro neofita come Stellini e di non optare per un traghettatore alla Reja o alla De Canio. Qualche supporter storce il naso rammentando un paio di precedenti non certo simpatici nel curriculum vitae del tecnico romagnolo, ma nel calcio d'oggi è doveroso passar sopra a dichiarazioni avventate e ad episodi particolari per soffermarsi esclusivamente sulla professionalità e sulla qualità di un allenatore, chiunque sia. Mandorlini, classe 1960, ha di sicuro l'esperienza giusta per sollevare il vascello genoano dalle secche di una situazione imbarazzante, per fortuna non diventata drammatica solo a causa della pochezza delle rivali per la salvezza. Vero che la sua ultima avventura italiana si è conclusa con la retrocessione del Verona, ma chi avrebbe potuto fare meglio quando in un sol colpo si perdono per lunga pezza due architravi come Toni e Pazzini? Mandorlini ha un carattere ispido, non è un compagnone, ma di calcio capisce, e ci si augura che la prossima estate, con in tasca il contratto per un'altra stagione, mostri i denti al suo presidente ed esiga una squadra presentabile.

Con lui, vecchio bucaniere, al posto di un tecnico ormai in confusione e abbandonato da parte dell'equipaggio, non è pensabile che il Genoa, pur con fatica, non incameri quei tre-quattro punti necessari per scacciare gli incubi più maligni. Il suo secondo abituale, Enrico Nicolini, è un cuore sampdoriano e una persona perbene: si è fatto ufficialmente da parte, ma di sicuro, in separata sede, saprà illustrargli a dovere la realtà genoana aiutandolo ad ambientarsi.

Il resto tocca ai giocatori, che a capo di una serie di partite sottotraccia hanno inscenato a Pescara uno spettacolo indecoroso, inaccettabile. Come successo prima agli abruzzesi con il licenziamento di Oddo a favore di Zeman, la società rossoblù, sollevando Juric dall'incarico, ha tolto loro ogni alibi. Ora il re è nudo.

PIERLUIGI GAMBINO


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