Momenti di storia: un fiore nella Nord

20.01.2019 14:04 di GianPiero Gallotti   vedi letture

Sesto appuntamento per la nostra rubrica "Momenti di storia", curata per noi dal grande tifoso e appassionato di storia rossoblù Francesco Venturelli, che come sempre ringraziamo.

Buona lettura:

 

UN FIORE NELLA NORD

L’idea era venuta a Walter nei primi anni del terzo milennio. Eravamo tutti più giovani a quel tempo, anche se tuttavia ormai in pieno cammino verso la terza età. Facevamo parte dei genoani della Rametta di De Ferrari e andavamo a vedere il Genoa dall’inizio del dopoguerra quando eravamo ancora quasi tutti bambini o adolescenti.

Avevamo girato tutti i posti della vecchia Nord, a cominciare dalla zona del centro tradizionalmente la più calda, poi ai lati, poi sotto il muraglione che chiudeva la gradinata in alto, poi nel parterre dietro la porta dove stazionava col suo fisico ingombrante il noto tifoso Callaghan.

A Mantova nell’aprile del 1966 lo avevamo visto affrontare da solo un gruppo di tifosi mantovani che volevano togliere uno striscione del Genoa, impedendo loro di raggiungere l’obiettivo e costringendoli poi alla ritirata. Parlava poco, ma aveva gesti eloquenti che incutevano timore e non ammettevano repliche.

Infine, con la nuova Nord nata a seguito del rifacimento dello stadio, ci eravamo spostati nel parterre della gradinata lato Distinti, per restarci definitivamente.

Eravamo un gruppo affiatato e ci frequentavamo non solo al Ferraris quando giocava il Genoa, ma anche durante la settimana a De Ferrari, dai portici dell’Accademia, tutte le sere dopo l’orario di lavoro, per parlare del Genoa tra di noi e con gli altri numerosi genoani della Rametta. L’attualità era al centro dell’attenzione, ovviamente, e ci faceva discutere accanitamente, perché le opinioni erano spesso diverse, ma non mancavano mai momenti di distensione con i più anziani che raccontavano del Genoa dei tempi d’oro, quando vinceva i campionati.

Un’amicizia, la nostra, cementata da decenni di incontri quotidiani, di tifo nella Nord, di cene in allegria e di trasferte al seguito dei colori rossoblù.
Walter era stato nei ragazzi del Genoa e a volte raccontava quando a metà settimana giocava contro i titolari per allenare la prima squadra, e doveva marcare Abbadie.
“Si muoveva con una velocità incredibile –diceva- e faceva sparire il pallone…. Io con lui, non sono mai riuscito, non dico a toccarlo, ma nemmeno a vederlo.”

Mike aveva qualche anno in più, e aveva visto il Genoa degli anni ’30, con Garbutt allenatore e Culiolo Presidente. Un Genoa grande, che lottava per lo scudetto, e che arrivava a fargli dire:
“Voglio bene al Genoa di oggi e soffro per lui, ma il “mio” Genoa è quello di prima della guerra. Era fortissimo.”

Ci parlava delle ali Neri e Conti che partivano da metà campo verso l’area avversaria, passandosi il pallone da una linea laterale all’altra, costringendo le difese avversarie ad aprirsi verso le linee laterali. Di Perazzolo e Scarabello una coppia di centrocampisti finita in Nazionale. Del fuoriclasse Bertoni vincitore delle Olimpiadi del 1936. Dei due formidabili uruguagi Figliola e Servetti, che per timore della guerra all’inizio del campionato 1938/39 tornarono in Sudamerica.

Il Genoa alla fine arrivò quarto. L’anno prima era arrivato terzo a soli tre punti dal Bologna che aveva vinto lo scudetto. Senza la “fuga” dei due uruguagi, quell’anno avrebbe potuto anche vincere il campionato. Sicuramente lottare fino all’ultimo per vincerlo.

Ma il racconto che più gli piaceva fare era quello della partita a Cornigliano contro il Liguria nel 1942. Un derby che il Genoa stava perdendo alla fine del primo tempo per 1 a 3, e poi, benché ridotto in dieci per l’espulsione di Trevisan, con un formidabile secondo tempo finì col vincere per 4 a 3.
“Una soddisfazione grandissima –raccontava- vincere in quel modo in casa loro ….. siamo tornati a De Ferrari col cuore nelle rose”.

Il più agguerrito del gruppo era Franco ”il Portuale”, una vita nel Porto e genoano viscerale. Non sopportava di sentire criticare i giocatori del Genoa e reagiva in malo modo quando qualcuno lo faceva. In trasferta litigava spesso coi tifosi avversari. A Pisa e a Livorno rischiò di essere aggredito, per fortuna ci furono dei tifosi locali che ci dettero una mano e fecero da pacieri. A De Ferrari invece, litigava coi genoani che criticavano il Genoa. Insomma, nessuno poteva toccare il vecchio Grifo, o doveva vedersela con lui.

Nino era l’opposto. Silenzioso, a De Ferrari ascoltava intervenendo raramente. Al Ferraris seguiva attentamente la partita, vedeva tutto e noi vicino a lui gli chiedevamo sempre ragguagli su particolari che a volte ai più potevano sfuggire. E lui aveva sempre una risposta. Conosceva tutti i giocatori delle giovanili perché li seguiva nei tornei giovanili, leggeva tutto, stava sempre sulla notizia. Era indispensabile per le tante cose che sapeva.
E’ stato il primo di noi ad andarsene.

Un fatto improvviso, drammatico. Era ancora giovane. Se ne è andato una domenica pomeriggio al Ferraris, stroncato dall’emozione per un gol del Genoa. Restammo colpiti al cuore, gli volevamo bene, sembrava impossibile non averlo più tra noi.

Dopo tanto parlare, Walter un giorno disse in genovese:
“Prima o poi capiterà a tutti noi. E allora facciamo una cosa: per ricordare chi non c’è più, ogni volta che gioca il Genoa, quelli di noi che continueranno ad andare al Ferraris, deporranno un fiore simbolico nel punto del parterre della Nord dove abitualmente stava chi se ne è andato. Nessuno deve essere dimenticato.”

E così accadde che dal quel giorno, nella Nord quando gioca il Genoa, c’è sempre un fiore che idealmente ricorda la passione dei genoani per gli amati colori rossoblù.

 

Francesco Venturelli

 


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