Momenti di storia: Sanfilippo, sogno di un’estate
Ottavo appuntamento per la nostra rubrica "Momenti di storia", curata per noi dal grande tifoso e appassionato di storia rossoblù Francesco Venturelli, che come sempre ringraziamo.
Buona lettura:
Sanfilippo, sogno di un’estate
Nella seconda metà degli anni ’50 il Genoa, sempre alla caccia di fuoriclasse sudamericani, venne accostato al nome di Sanfilippo in un articolo del Calcio e il Ciclismo Illustrato che parlava del mercato argentino.
Sanfilippo veniva descritto come un giovane goleador di sicuro avvenire. A quei tempi non c’era per il calcio tutto l’interesse dei media che c’è oggi. Nessun programma televisivo si sognava di mostrare giocatori stranieri e men che meno sudamericani. L’Argentina era lontana. Pochi viaggiavano in
aereo, dal porto di Genova a volte vedevo partire le navi per Buenos Aires e sognavo la Boca: per andarci ci volevano più di due settimane, oltre a un bel po’ di danaro.
Neanche a parlarne. Il Calcio e il Ciclismo Illustrato era la nostra televisione. Nella sua rubrica sul calcio estero, dava un panorama completo sul calcio inglese, danubiano, spagnolo, sovietico, sudamericano e sui paesi emergenti. Un vero piacere per gli appassionati.
Quando lessi di Sanfilippo accostato al Genoa, non stavo più nella pelle. Ogni pomeriggio compravo Il Mercantile, che aveva sempre servizi sul Genoa, oltre a una bella pagina sui Cinema cittadini, sperando di trovare conferme. Nel tardo pomeriggio andavo dalla Rametta di De Ferrari dove le notizie sul Genoa arrivavano prima che sui giornali, e chiedevo agli adulti se sapessero qualcosa.
Poi tutte le sere, verso le sette e mezza, arrivava un signore che lavorava all’ANSA e ci dava le ultimissime sul Genoa: pendevo dalle sue labbra. E alla sera a letto prima di addormentarmi immaginavo l’attacco del Genoa con Sanfilippo e Abbadie dare spettacolo di gioco e di gol. Fu un’estate particolare per me, vissuta tutta nella fantasia in frenetica attesa di una notizia che mi aveva stregato.
Ma l’estate passò senza che nessuno parlasse più di Sanfilippo. Non ne parlarono i quotidiani sportivi e nemmeno il settimanale Il Calcio e il Ciclismo Illustrato. Sanfilippo era letteralmente scomparso dalle cronache. Dall’Argentina arrivò poi Calvanese.
Piccolo, rotondetto alla Suarez l’uruguagio del Barcellona, ma non col suo istinto del gol, bel tocco di palla, intelligente nel gioco di passaggi palla a terra, era il classico centravanti argentino, portato più alla manovra che allo sfondamento in area, secondo gli schemi del vecchio Metodo. In Italia si giocava invece un misto di mezzo sistema catenacciaro, che ognuno arrangiava secondo le proprie idee tattiche, ma su un punto erano tutti d’accordo: il centravanti doveva essere di sfondamento.
Eredità del Sistema inglese: gioco sulle ali, cross al centro e il centravanti che “sfonda”. Nordhal detto “il pompierone” per il suo gran fisico, di professione pompiere in Svezia, scatto imperioso e tiro al fulmicotone come si usava dire a quei tempi, era il simbolo del centravanti di quell’epoca.
Calvanese con tutto questo non c’entrava niente. Colpa di chi lo aveva comprato, non certo colpa sua. A Genova, core al solito, gli misero subito l’etichetta di “bidone” e la Nord, specialista in “striscioni” a volte a sproposito, ne espose uno tutto per lui con su scritto: “Gaucho torna nelle Pampas”.
C’era già a quei tempi in embrione tra i genoani, una sofferenza esibita nel vedere il Genoa andare male e dire: “siamo
proprio scarsi”. Pesava già il confronto col passato: “cosa pensano di fare questi qui, fanno ridere in confronto al Genoa di una volta”. Una frase martellante come una sentenza senza appello.
Calvanese non era un bidone. Il Genoa se ne disfò subito quasi di nascosto, come ci si libera di una vergogna, ma il Gaucho non tornò nelle Pampas: andò nel profondo Sud a Catania, dove evidentemente c’era chi capiva qualcosa di più di calcio. Gli diedero la maglia e il ruolo di mezzala e Calvanese disputò ottimi campionati. Giocò anche all’ala e nella posizione di centravanti di manovra. Ironia della sorte a Catania segnò quei gol che a Genova non gli avevano dato il tempo di fare.
Andò poi anche a Bergamo, dove con l’Atalanta vinse una Coppa Italia e quindi tornò a Catania, dove si fermò quando smise di giocare. Intanto Abbadie si ammalava di pleurite e senza il suo fuoriclasse il Genoa, che si era ridotto ad un livello tecnico molto basso, finì in serie B, e con gli anni ’60 cominciò un calvario tra A e B che non ebbe più fine.
Il tempo passava anche per me ovviamente, che da adolescente diventavo adulto, ma sempre col Genoa nella testa. E ogni tanto, a sorpresa, mi trovavo a pensare a Sanfilippo. Non ne avevo mai più sentito parlare, ma avevo una curiosità che mi ronzava nella testa: quel giocatore, che aveva infiammato la mia immaginazione di adolescente e che per mesi aveva occupato la mia fantasia, chi era davvero? Sarà stato veramente un
fuoriclasse, oppure io avevo dedicato tempo e immaginazione ad un “brocchetto” sconosciuto? Non c’era ancora internet e io non potevo far altro che tenermi questo rompicapo in attesa di possibili chiarimenti.
Passarono lunghi decenni senza che io potessi risolvere l’enigma Sanfilippo, poi improvvisamente nel giro di poco tempo ecco arrivare tre conferme indiscutibili.
La prima. A fine millennio compro il libro “Miserie e Splendori del gioco del calcio” e lo trovo semplicemente scritto per me. C’è il calcio come sempre l’ho amato. Non a caso lo scrittore Eduardo Galeano è uruguagio, popolo nato per il calcio, che ha creato la leggenda della “Celeste”. A un certo punto Galeano riporta un racconto avuto da Soriano, scrittore argentino grande appassionato di calcio. E’ un racconto di una bellezza commovente. Soriano parla del suo incontro al Supermercato Carrefour con un grande giocatore argentino del passato. Chi? Si, proprio lui, Sanfilippo. Si mettono subito a
parlare di calcio. Il Supermercato sorgeva dove c’era il campo di calcio del San Lorenzo de Almagro, la squadra di Sanfilippo. E Soriano parla di Sanfilippo come di un fuoriclasse.
Leggo e mi sembra di volare. Dunque i miei sogni adolescenziali non erano per niente sprecati. Sognavo un campione per il Genoa, e Sanfilippo campione lo era davvero. Purtroppo col Genoa non è nata nemmeno una vera trattativa, perché come al solito dal 1946 in poi, la prima squadra di Genova era "miscia" spiantata.
La seconda. Arriva il terzo millennio e finalmente vado a Buenos Aires: la Boca, la Bombonera, viale Caminito, avenida Corrientes che ai tempi del tango era chiamata “la strada che non dorme” perché i locali di tango erano aperti tutta la notte, e le librerie. In una libreria trovo un libro sul calcio argentino. Lo sfoglio e vedo una foto a tutta pagina di Sanfilippo, il re dei goleador. Poi vado a dare un’occhiata ai dati in appendice, e vedo
che Sanfilippo per cinque o sei campionati consecutivi è capocannoniere con oltre 30 gol
a campionato. E’ il quinto goleador di tutti i tempi del campionato argentino. Un fuoriclasse. Compro il libro e lo metto nella libreria di casa accanto a quello di Galeano.
La terza. Ad una cena di cineasti e critici cinematografici, mio fratello molto più giovane di me, si trova seduto accanto a un cileno che parla italiano. A un certo punto mio fratello curioso di calcio sudamericano, prova a toccare l’argomento. Al cileno non sembra neppure vero, e subito smettono di parlare di cine per dare spazio ai discorsi sulla sfera di cuoio. Dopo un po’ il cileno dice: “Devo raccontarti questo aneddoto, è fantastico. A Santiago del Cile si gioca un incontro di Libertadores contro una squadra argentina. Lo stadio è pieno all’inverosimile. Tifo alle stelle. Ed ecco cosa succede. Calcio di punizione per la squadra argentina, appena fuori area. A battere va un calciatore di nome Sanfilippo che tu non conoscerai…”.
“Come no! -lo interrompe mio fratello- è da quando ero bambino che ne sento parlare”.
E gli racconta della mia mania per Sanfilippo. Il cileno continua: “Sanfilippo calcia con forza di destro, la palla viaggia come un siluro e va a battere sulla traversa, da dove, data la potenza del tiro, rimbalza fin fuori dell’area e arriva proprio dove si trova Sanfilippo, e lui da fermo, al volo senza lasciarla battere a terra, la calcia con l’altro piede, il sinistro, e la infila all’incrocio dei pali! Lo stadio viene giù dagli applausi. I tifosi cileni abbagliati dalla straordinaria esecuzione di Sanfilippo lo applaudono a scena aperta anche se si tratta di un avversario. E Sanfilippo esaltato dagli applausi di tutto lo stadio fa il giro completo del campo ringraziando i tifosi avversari per gli applausi”.
A questo punto le mie ricerche su Sanfilippo cessarono. Avevo saputo abbastanza. Non era venuto nel Genoa, però era davvero un fuoriclasse. Ed era questo che mi interessava sapere.
Il sogno di quell’estate di fine anni ’50 aveva una ragione d’essere.
Francesco Venturelli
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