Un Grifone fragile e poco prolifico, per salvarsi non basta il buon gioco

06.10.2019 10:45 di Franco Avanzini   vedi letture

Il Genoa precipita sempre più in classifica, ed è magra consolazione aver ritrovato, almeno in parte, il gioco spettacolare ed anche lo spirito mostrato nelle gare di inizio campionato. Che i Rossoblù non meritassero di uscire sconfitti di fronte ad un Milan inguardabile è scontato: già il pareggio gli sarebbe stato strettissimo. Ma quando si perde di fronte ad un simulacro di squadra, capace solo di offendere un antico blasone, ci si deve porre domande a valanga.

Di sicuro l'arbitraggio e gli episodi hanno remato quasi tutti da una parte, quella rossonera. Il signor Mariani, coadiuvato dall'ineffabile Mazzoleni al Var, ha infatti permesso agli ospiti qualsiasi tipo di intervento falloso nel primo tempo, quando la pressione dei rossoblù era più costante, e in occasione del rigore assegnato ai meneghini ha sicuramente esagerato -  falsando il match – a mostrare a Biraschi il cartellino rosso quando il giallo sarebbe bastato ed avanzato. Non è stata la prima e temiamo non sarà l'ultima direzione arbitrale vessatoria quando la cosiddetta “grande” (per bacino di tifosi, non certo per valori tecnici) è in chiara difficoltà, ma resta improbo ugualmente farsene una ragione.

E' legittimo, dunque, sentirsi sfavoriti dal direttore di gara, ma Schone e compagni ci hanno messo del loro per confezionare questo verdetto pesantissimo. Il danese ha sciupato come un pivello la chance del pareggio finale dagli undici metri con un'esecuzione maldestra, restituendo così al portiere Reina quanto aveva ricevuto in regalo nella punizione dell'1-0.

Imperdonabile poi l'ingenuità collettiva sul pari ospite: dormita generale sul calcio fermo battuto a tempo di record e pazzesca topica del portiere Radu sul tentativo di Hernandez praticamente dalla linea di fondo: sarebbe bastato proteggere il primo palo col corpo per evitare il gol.

Detto dei momenti topici, è impossibile nascondere o sottovalutare la carenza mostrata ulteriormente dal Grifo in zona gol. Il Milan ha concesso praterie enormi, specialmente nel primo tempo, ed anche qualche opportunità ghiotta, regolarmente sprecata per mancanza del killer instinct, quella dote che distingue i cannonieri di razza o anche i centrocampisti più spietati dagli interpreti più modesti, adusi sparacchiare a lato o in... faccia al portiere rivale invece che nell'angolino.

Perdere al cospetto di un undici che ha condotto i 90 minuti a ritmi dopolavoristici, senza un accenno di pressing e con imprecisioni assortite nella manovra è stato delittuoso e diventa preoccupante, ma soprattutto conferma quella fragilità di fondo che Andreazzoli non ha ancora eliminato. Resta in tutti noi la sensazione che il tecnico e parecchi giocatori non abbiano ancora compreso la delicatezza della situazione.

Non basta, infatti, per risalire la classifica, un'espressione di gioco apprezzabile ed un dominio prolungato quando si beccano reti assurde e si spreca in zona gol. Più che le ingenuità difensive, tuttavia, inizia a pesare la mancanza di un bomber di elevato rendimento. Kouamé e, come subentrante, Favilli hanno contribuito da par loro ad impreziosire la manovra, ma senza buttarla dentro e l'uomo deputato a questo compito così essenziale nel calcio – il promettente Pinamonti, esaltato ad ogni pié sospinto dal Ct azzurro Mancini – è ancora una volta mancato alle attese.

Inutile ribadire che nel prossimo futuro si dovrà badare al sodo per evitare ulteriore distacchi dalla zona tranquillità e di sicuro il viaggio a Parma non si prospetta semplice pensando alle contemporanee assenze di Criscito, Biraschi, Romero e Saponara. Ci sarà da stringere i denti (oltre alle maglie difensive), ma – d'altronde – questi primi sette capitoli hanno ammazzato qualsiasi illusione: almeno sino al mercato bis, da condurre con raziocinio e senza badare al bilancio, la sofferenza diventerà una costante per atleti, tecnici, dirigenti e la componente meno colpevole, la tifoseria.

                                     PIERLUIGI GAMBINO


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