Strada facendo

09.06.2016 10:30 di  Luca Canfora   vedi letture

Oggi compie 35 anni l'Album "Strada Facendo" di Claudio Baglioni. Un disco stupendo, ed una canzone stupenda. Nessuno sa più scrivere testi così, nessuno sa più parlare in modo così profondo, ottimista, della vita.
Strada facendo ho capito anche io alcune cose, come è naturale che sia, ma la cosa più importante che ho imparato è che non è così importante… capire. L’uomo si interroga da sempre sulle origini della vita, sul significato del suo viaggio sulla terra, su quello che potrebbe esserci stato prima e su quello che potrebbe esserci dopo. Queste domande, al momento, non hanno risposte. Ognuno sceglie la propria. Chi risponde con la fede, chi risponde con la scienza, che risponde con la rabbia.
Qualcuno non risponde.
Ma la vita non aspetta nessuno. La vita è adesso. Oggi Baglioni la fa da padrone.


C’è stato un tempo in cui la ricerca di tutte queste risposte mi ha probabilmente schiacciato. Al tempo pensavo che il problema, i problemi, fossero altri. Erano solo specchietti. Ora intuisco che ho cercato di capire, di andare oltre, di arrivare più in profondità. Ho capito che non mi bastava quello che vedevo, che non mi riempiva quello che mangiavo, quello che “bevevo”. Ero giovane, ed era giusto così. Ci è voluto un pochino di tempo, qualche caduta, alcune delusioni, ed un paio di tonfi, per avvicinarmi a quello che cercavo. Non l’ho trovato, nessuno può trovarlo, ma ho sentito l’eco.
Mi è servita la musica, ma ognuno deve trovare il proprio stargate. Questo è il mio.
La musica, la scrittura, mi hanno dato la chiave magica. Non quella per capire, non quella per arrivare in qualche posto. La chiave non serve a questo. La chiave serve al contrario, a tirare fuori, fuori, quello che c’è dentro, a svuotare, a sintetizzare, ad eliminare il superfluo. Questo è per me la musica, questo è per me scrivere. Depurazione, pulizia, sintesi, verità.
Questo mi ha salvato dal mio labile destino, che tuttavia rimane, e rimarrà, sempre in bilico sul ciglio del precipizio, tra gioia e dolore, tra dolcezza ed amarezza, tra consapevolezza ed ignoranza, tra amore ed odio, tra lotta e resa, tra speranza e disperazione. Sono lì, costantemente, con un piede appeso da una parte, ed un piede appeso dall’altra.
Sulla mia strada, facendo la mia strada.
Ed il Genoa? Uno dei miei ganci, in mezzo al cielo.

Oggi proprio me le sto giocando tutte. Ah ah.

In una delle mie canzoni, tempo fa, scrissi “mi affeziono anche alle seggiole”. Nella vita. Quindi capita anche con i giocatori, anche con un allenatore. Sono un pochino triste, certamente. Abbiamo bisogno di punti di riferimento, anche io come tutti, ed abbiamo bisogno di credere in qualcosa di più, perfino dal Genoa. Questo rende la vita densa, degna di essere vissuta. Anche il trasporto più infantile, anche la fede più sciocca, hanno un senso. Ed il senso non è mai l’oggetto del trasporto, del sogno, ma la profondità che questo trasporto, fede, sogno, è in grado di scatenare nel soggetto. Questo conta, questo vale, questa è la vita.
Per me.


Sono un pochino triste ogni volta che qualcosa finisce. Una bella serata, una festa, una vacanza, una partita. Sono fatto così. Non c’è rabbia, non c’è polemica, e non c’è pessimismo. Non mi piace la parola fine, preferisco “Ciao”. Ho visto nella mia vita, anche nei momenti più bui, che come accade in Fisica, nulla si crea, e nulla si distrugge. Ma tutto si trasforma. Ed aggiungo che è giusto così. Se fosse per me il mondo non andrebbe mai avanti. Ma il mondo deve andare avanti, e ci andrà.
Ed anche il Genoa. Ed anche noi.


Il mio “Ciao” a Gianpiero Gasperini, che è stato una bella storia, una bella storia. Una storia che rimarrà scritta, una storia che ci ha fatto gioire, emozionare, sorridere. Una storia che non può essere dimenticata.
Il mio “Ciao” ad Ivan Juric. Un giocatore che è stato degno di vestire la maglia del Genoa, e che sarà degno di allenare il Genoa, non ho il minimo dubbio su di lui.


Io sono un pochino triste, e nello stesso tempo curioso, su questa strada. 

Sono fatto così. Ho già visto finire tante cose, su questa strada. Amori, amicizie, vite di persone cui ho voluto bene. Proprio il 10 giugno del 2010, al settimo piano del Monoblocco di San Martino, ho visto andare via mio suocero in 5 minuti. Mia moglie era andata via per una mezz’ora, a cambiarsi le scarpe. Che strano destino. Era stata vicino a lui per 3 giorni, senza mai muoversi, e lui ha scelto di andarsene davanti a me. In un attimo.
La aspettavo, guardando fuori dalle finestre, quel sole meraviglioso, che strideva atrocemente con quel giorno disperato, cercando il coraggio di dirle quello che mai avrei voluto dirle. Eppure fuori c’era il sole, le automobili andavano avanti ed indietro, il mare laggiù in fondo era azzurro, il cielo era terso come non mai. Io guardavo fuori e mi sembrava tutto così crudele, insopportabile, ingiusto.

"Ciao" Betto.


Dentro, la vita era finita, fuori, la vita continuava. Incessante, incurante, di me, di noi, di lei. Io ero troppo concentrato sul dentro, e non vedevo veramente fuori.
Dove la vita va avanti, dove c’è il sole, e dove l’umanità è attesa a nuove sfide, nuovi traguardi, nuovi giorni da vivere.
Ed anche il Genoa.


   Luca Canfora


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