Con il Covid, amplificato il divario tra Genoa e Inter
Il derby del Covid si preannuncia ancor più squilibrato rispetto alla normalissima sfida tra Genoa e Inter, quella senza contagiati. Sì perché la pandemia ha colpito più duro in casa rossoblù e, inoltre, il raffronto tra le cosiddette riserve è improponibile. Basti pensar che in certe gare la Beneamata ha inviato in campo dalla panchina calciatori il cui ingaggio globale supera i trenta milioni: come competere?
Il clan di Maran può soltanto aggrapparsi all'impegno dei nerazzurri in Champions, mercoledì prossimo a San Pietroburgo: partita oltremodo delicata per i ragazzi di Conte, dopo il deludente pari casalingo col Borussia, ma la rosa meneghina è talmente ampia e variegata che soltanto immaginare una squadra distratta e per questo motivo più malleabile è purissima utopia. Senza contare che in teoria il mister leccese potrà schierare sulla pelouse marassina un undici iniziale più forte di quello impiegato sul fronte europeo, data la piena disponibilità di Bastoni, destinato a rilevare il centrale adattato Kolarov, che così finirà per spingere fuori squadra Perisic.
Anche senza qualche pilastro, ancora positivo al virus, Conte ha l'imbarazzo della scelta, anche se ha capito sulla propria pelle che, di riffe o di raffe, decisivo risulta quasi sempre un unico elemento, il formidabile Lukaku, attualmente il più forte centravanti del globo. Basta e avanza lui, con la sua fisicità e la sua costante presenza in zona gol, a spezzare qualsiasi tipo di equilibrio. Come fermare un colosso del genere, abilissimo a difendere la sfera con il corpo e a farsi largo anche di fronte a difensori robustissimi? Ci proverà Zapata, sfruttando il mestieraccio, ma è già successo la scorsa estate che il bomberone belga lo spingesse a terra e poi segnasse senza intervento arbitrale.
Sulla carta, non c'è partita, come ha ammesso candidamente il d.s. genoano Faggiano, consapevole come chiunque della forza dell'avversario ma soprattutto delle condizioni in cui versa questo Grifone ricco di convalescenti e reduce dalle settimane più complicate della sua recente esistenza.
Obiettivamente, il Genoa pur combattivo e pertinace ammirato a Verona non potrebbe scongiurare un pesante passivo. Il team scaligero è forse il meno ferrato in fatto di potenziale offensivo, mentre la Beneamata è probabilmente la numero uno in materia. Vero, sta viaggiando alla media di due gol incassati a partita ed è anche prevedibile che almeno un pallone finisca nel sacco di Handanovic, ma resistere sino in fondo alle offensive dei milanesi sarebbe un'impresa da stampare negli annali.
Il malcapitato Maran potrà riempire la panca – ammesso che prenda questa decisione non scontata – di freschi guariti dal Covid, tutta gente con le gambe ancora molli e reduce da un lungo periodo senza allenamenti specifici, Rispetto all'ultima sfida, appena due potranno essere le variazioni nel cast degli interpreti: si tratta ovviamente di giocatori usciti dalla pandemia prima dei compagni e, dunque, con qualche allenamento in più all'attivo. Il primo, Luca Pellegrini, non aveva entusiasmato a Napoli, in un match che poi capimmo tutti quanto fosse stato condizionato dal Covid: anche non al meglio, il ragazzo è ben più affidabile del generosissimo Cyborra, in grado solo di garantire uno spiccato dinamismo. Il secondo è Zajc, titolare a centrocampo come contro il Crotone nell'esordio di campionato. Anche lui ha eccessiva vocazione all'offesa e non appare propenso a brillare nella fase di filtro, ma è probabile che il mister lo preferisca al pur promettente Rovella.
Anche in retroguardia si prospetta un cambio: dentro Goldaniga al posto dell'acciaccato Bani, anche se i 190 centimetri del neo rossoblù servirebbero di fronte al pacchetto di saltatori più forti del campionato.
Ultima annotazione: una prova convincente, al di là del risultato, regalerebbe prezioso morale in vista del derby, ma ancor più servirebbe evitare forzature di carattere fisico (pronube di infortuni) e perniciose espulsioni.
PIERLUIGI GAMBINO
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