Genoa prigioniero dei propri limiti, neppure Sheva trova la cura giusta
Il pari (strameritato) allo stadio Friuli? Già dimenticato, come un lampo accecante in una notte nerissima che si trascina da sin troppo tempo. Contro un Milan malaticcio e lontano dall'immagine di una schiacciasassi, i rossoblù ripiombano nell'antico malessere, incassano una batosta pesantissima anche per il morale, si confermano in crisi di astinenza da gol e non offrono alla propria gente un solo appiglio ove agganciare un pur pallido ottimismo.
Rispetto al match con la Roma, il Grifo se non altro si affaccia più frequentemente nella metà campo rivale, confezionando una ghiotta occasione in apertura con Cambiaso (palla alta di un nulla) e, nella ripresa obbligando il portiere rossonere Maignan a due autentici prodigi sull'incornata di Hernani e su tentativo a lunga gittata di Portanova sventato con un ragguardevole intervento all'indietro. Tre segni di vita ad interrompere lunghi periodi in stato comatoso, nei quali è emersa esclusivamente la pochezza tecnica della squadra intera.
Certo, non è stato un match fortunato, ma non è colpa del destino se Sirigu allestisce maldestramente la barriera e consente allo scaltro Ibrahimovic di centrare l'angolino su punizione. Semmai, ha inciso il fato sul bis rossonero, firmato da quel Messias che per tutto il primo tempo è stato una spina nel fianco per l'incertissimo Vasquez, l'involuto Cambiaso ed un Rovella troppo propenso per istinto ad abbandonare la fascia per accentrarsi. Evitabile, nella ripresa, pure il terzo sigillo milanista ancora con il brasiliano, agevolato da una difesa imbambolata.
Il tabellino si racchiude nei sei episodi suddescritti e in poco altro, ma è nella gestione complessiva della gara che il Genoa è mancato clamorosamente. Il suo condottiero, Shevchenko, avrebbe pagato chissà cosa per rimediare un figurone e un punticino al cospetto della squadra a lui più cara, ma ha dovuto pure lui arrendersi di fronte ai limiti di troppi suoi ragazzi. Il Diavolo mancava di parecchi titolari, ha subito perso Kjaer per grave infortunio e non è parso così irresistibile. Soprattutto, ha potuto trotterellare per il campo più che correre, ad un ritmo bassissimo, lo stesso che gli era costato, contro il Sassuolo, una batosta senza attenuanti.
Non serviva ai rossoneri innestare marce alte contro giocatori che hanno dimostrato di non poter reggere atleticamente partite troppo ravvicinate. Il riferimento è in primis ad uno Sturaro fermo come un palo e incapace di reagire dal principio sino al momento di una sacrosanta sostituzione, ma anche Masiello ci è concesso una serie infinita di errori per lui inusuali, imitato in ciò da Vasquez. La banda di Pioli ha avuto buon gioco soprattutto sulle linee esterne, dove Ghiglione – sostituto di Sabelli – si è limitato a neutralizzate Hernandez senza però concedersi un solo spunto in avanti.
Certo, il Milan è il Milan, ma qualche crepa difensiva l'ha palesata: sarebbe bastato capitalizzarla. Perlomeno Ekuban si è battuto leoninamente, costringendo Pioli a sostituire prestissimo lo stranito Gabbia, ma alla fisicità la seconda punta rossoblù non ha abbinato un possesso palla decente: ergo, nei pressi di Maignan non si è mai notato. Peggio di lui ha fatto il partner Bianchi, un ectoplasma, surclassato in ogni zona del campo: tanto da rinnovare il sospetto che la serie A per lui sia davvero troppa cosa. Suo però è stato - non dimentichiamolo – l'ultimo gol rossoblù, firmato ad Empoli, prima di un allarmante digiuno che si trascina da quasi trecento minuti.
Sheva ha provato cammin facendo qualche nuova soluzione, ma Hernani – eccettuato il colpo di testa suddescritto – è stato quasi indisponente, Pandev non è pervenuto e il solo Galdames ha mostrato accenni di freschezza e pulizia di tocco: su di lui occorrerà insistere, in specie se l'infortunio occorso nel finale a Rovella dovesse essere meno lieve del previsto. Dai cambi non si è tratto nulla, però, che potesse cambiare connotati ad una contesa controllata agevolmente dal Diavolo, ritoccato in peggio da alcuni rincalzi subentrati a gara ormai archiviata, per far rifiatare qualche pezzo da novanta,.
All'ucraino cosa imputare? Forse, quelle sostituzioni “uomo per uomo” senza provare a rivoluzionare il quadro tattico, e a dare uno scossone al tran-tran in cui era precipitata la sfida. Passi perdere, ma un Genoa così piatto e inconcludente non è stato minimamente ritoccato: non tanto per ottenere una pressoché impossibile rimonta, ma per collaudare qualche alternativa di modulo a futura memoria. Anche il mister che viene dal freddo, probabilmente, ha capito che solo Destro potrà rendere proponibile una squadra così spuntata, in attesa che gli jankees stravolgano l'organico a dicembre colmando le attuali, gigantesche lacune in avanti e soprattutto in mezzo al campo. Ma si potrà procedere sino a Natale fidando solo sulle sconfitte delle dirette concorrenti...?
PIERLUIGI GAMBINO
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