Il ritardo di preparazione alla base della disfatta

24.06.2020 10:33 di  Pierluigi Gambino   vedi letture

L'unica nota lieta di questo riavvio di campionato è giunta da Lecce. La pochezza assoluta dei salentini, diretti avversari sull'orlo del burrone, rappresenta la sola ancora di speranza in un quadro ridiventato improvvisamente fosco. Nel silenzio di Marassi è come se il Genoa fosse tornato quello, inguardabile, dello scorso autunno, prima dell'avvento di Nicola e della massiccia campagna di mercato invernale.Sccome nella nostra memoria rimangono i fotogrammi felici dei successi di Bologna e San Siro, frutto di eccellenti prestazioni, non può che serpeggiare un dubbio inquietante: i rossoblù stanno forse pagando le tre settimane di colpevole ritardo con la quale sono ripresi gli allenamenti?

L'auspicio di non ripartire, unito alla strategia societaria tendente a pagare i propri dipendenti il meno possibile durante la pandemia, hanno indubbiamente condizionato il lavoro dell'allenatore e probabilmente cagionato questo “gap”di preparazione di fronte ad avversari più tonici, vivaci e pronti ad affrontare un finale di stagione atipico nei tempi ma non differente rispetto alla normalità sul piano dei valori, tecnici ed agonistici.

Non è spiegabile altrimenti quest'involuzione che ha caratterizzato non qualche singolo ma la squadra intera, apparsa smarrita, in balìa degli eventi, capace solo, nella ripresa, di inscenare una reazione di orgoglio sufficiente a salvare l'onore ma non certo a raddrizzare un match segnato dal rilevantissimo divario tra le due formazioni. Va aggiunto che, se il Parma in 180 minuti ha rifilato la bellezza di nove gol a Criscito e compagni, significa che le sue qualità sono idonee a sfruttare i difetti dei rossoblù, ma anche questa considerazione è insufficiente a delimitare i contorni della disfatta genoana.

Se Cornelius, nulla più che un onesto centravanti, si è portato a casa il pallone dei tre gol personali, significa che la retroguardia rivale ha giocato alle belle statuine. E se Soumaoro, tutto sommato, si è avvicinato ad una stiracchiata sufficienza, Romero è parso subito con la mente altrove e Masiello ha avvertito in un colpo il peso dei quasi 35 anni. Ma non è tutta colpa delle guardie scelte. Il centrocampo, macchinoso ed impreciso nella fase di costruzione è stato sovrastato dai pari ruolo crociati, ben più strutturati e fluidi, e l'attacco – privato della verve di Sanabria, l'unico bomber lasciato in panchina, ha fallito in pieno.

I cinque cambi hanno consentito a Nicola di piazzare nella vetrina di Marassi tutto il suo arsenale, ma i giocatori più produttivi di casa Genoa, alla fin fine, sono stati gli svolazzanti difensori emiliani, che hanno regalato letteralmente due rigori (uno fallito da Criscito, l'altro segnato di precisione da Iago Falque), tenendo desto il proprio portiere , che per il resto ha dovuto compiere una paratina su conclusione telefonata di Favilli e nel finale ha visto sfilare ad un palmo del palo una magnifica deviazione di testa di Destro. Poco o nulla per una formazione, quella locale, che ha denunciato carenze di pericolosità enormi.

La prossima sfida, a Brescia, ha visto accrescere la propria importanza. I lombardi restano modestissimi, ancora staccati in graduatoria, ma dopo il pari di Firenze si giocheranno proprio contro il Genoa le esigue chances di rimonta salvezza. Un Grifo atleticamente all'altezza non avrebbe soverchi problemi a salvare la pellaccia e ad approfittare del quasi scontato insuccesso del Lecce chez Juventus, ma riuscirà Nicola a ridare lo smalto necessario ad una squadra così opaca nel giro di soli quattro giorni? E' prevedibile un cospicuo turnonver, favorito dalla rosa pletorica, ma basterà? Piuttosto che 27 giocatori di caratura non eccezionale, non ne sarebbero serviti 18-20 ma diben altra qualità?

Pensierino finale di carattere societario. Non è un caso che il Parma sia immerso nella lotta per l'Europa e il Genoa stia ansimando. In Emilia i proprietari hanno affidato le chiavi del mercato ad un manager avveduto come Faggiano rimanendo in disparte, mentre an casa rossoblù continua ad imperare un padre padrone, d sempre abituato a fare e disfare in prima persona senza curarsi dei collaboratori. Il calcio d'oggi, però, non è più terreno fertile per certe arcaiche tipologie gestionali.

                                   PIERLUIGI GAMBINO


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