Una difesa prossima alla perfezione ma per vincere serviva più peso

14.02.2021 11:42 di Pierluigi Gambino   vedi letture

Chi disprezza il punto incamerato allo stadio Grande Torino ha la memoria cortissima ed ha già cancellato dalla mente dove il Genoa pascolava in classifica un mese e mezzo fa.  Vero che l'appetito viene mangiando, ma non perdere di fronte ad una squadra ricca di motivazioni rappresenta già un'impresa.

Scorrendo la cronaca del match, si cerca invano una parata di Perin, che – lui sì – può sacramentare per quel rinvio sbilenco di Portanova contro il Napoli, che gli ha impedito di festeggiare un autentico primato di verginità. Acqua passata: il ritorno in campo dopo quella pur platonica amarezza ha detto che segnare un gol al Grifone oggi come oggi, è terribilmente dura per qualsiasi prima linea. Il Gallo Belotti, non a caso il centravanti della Nazionale, si è battuto come un leone facendo a sportellate con i gendarmi avversari, ma alla fin fine non ha regalato ai proprio tifosi neppure una pallida illusione. Si dirà: il Toro non è l'Inter, ma la fase difensiva dei rossoblù ha rasentato la perfezione dall'inizio alla fine. Neppure la precoce uscita di capitan Criscito (avvicendato dal pugnace Goldaniga) per infortunio ha sconvolto gli equilibri del reparto.

Certo, è stata una battaglia più che uno show accademico. Il Toro, poverissimo di qualità, ha agito secondo lo “sturm und drang” che sempre caratterizza il credo di Davide Nicola: continue sportellate, rinvii indirizzati in cielo e sparacchiati a caso sfruttando la superiorità di centimetri e chili, una presenza costante sulle palle vaganti, spesso conquistate con la forza. Il Genoa è rimasto a disagio di fronte a certa esposizione di muscoli e per due terzi abbondanti di gara ha accettato di scendere sul terreno più gradito ai rivali, non riuscendo ad agire frequentemente palla a terra. Tuttavia non si è snaturato, non ha quasi mai concesso il fianco alle volate sulle fasce, ha controllato da par suo. Certo, se le risposte genoane fossero state più precise, lo 0-0 forse non avrebbe resistito, ma nella lotta asperrima l'unica mezza palla gol scaturita è stata di marca genoana: imperioso tiro al volo di Czyborra, solo meno angolato di quello vincente a Crotone e pertanto rintuzzato coi piedi dal portiere Sirigu.

Nella ripresa la spinta dei granata si è progressivamente affievolita e quando la sfida si è trasformata in un “dai e prendi” con marcature meno asfissianti ed un pressing più labile, la miglior tecnica del Genoa è nitidamente emersa. Il palo ha detto no al diagonale rasoterra di Zappacosta e più tardi Pjaca si mangerà l'opportunità più ghiotta della contesa recapitando di testa sul piazzatissimo Sirigu il più docile dei cross, autore Zappacosta.

Ad essere pignoli, per il balzo dal pari al successo il Grifone avrebbe avuto bisogno di una prima linea più efficace e propositiva. Destro, finché è rimasto in campo, si è perlomeno battuto, pur girando spesso a vuoto, ma Pandev ha patito le caratteristiche dell'incontro, lontanissimo dalle sue corde, e il suo sostituto Shomurodov, evidentemente non al meglio dopo l'infortunio, si è solo evidenziato per la calzamaglia con la quale ha combattuto il gelo torinese. Siccome Pjaca è entrato nel girone degli spreconi, ecco che il successo è evaporato nonostante l'impeccabile comportamento della retroguardia e la tenuta di un centrocampo in angustie solo per l'handicap di fisicità patito da Rovella, la cui concretezza non è neppur paragonabile a quella dello squalificato Badelj.

Da rilevare l'ennesimo mancato impiego di Scamacca, precipitato all'ultimo posto della gerarchia ballardiniana. Beninteso, il tecnico avrà i suoi ottimi motivi (o la società l'ha invitato a non schierare i giocatori in prestito o il giocatori non offre segni di svolta durante gli allenamenti), ma senza il solo corazziere nel parco attaccanti la squadra, in certi frangenti, fatica sia a tener palla in avanti, sia a sfondare.

                            PIERLUIGI GAMBINO


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