INTER GENOA: A SAN SIRO LA RESA PIU' ONOREVOLE, MA CON UN ALTRO ARBITRO CHISSA'...
Probabilmente l'Inter avrebbe vinto ugualmente, ma la legittima suspicione ci sta tutta dopo quello scandaloso rigore che l'inesperto e condizionabile Ayroldi ha concesso verso fine primo tempo ai primi della classe per un alquanto presunto tocco di Frendrup ai danni di Barella, che aveva ormai calciato (fuori). Il Var ha richiamato il direttore di gara per consigliargli un dietro-front e scongiurare una figuraccia, ma figuriamoci se il molfettano figlio d'arte se la sentiva di tornare sui suoi passi...
Nell'intervallo si pensava un po' tutti che la giacchetta nera avesse spento quella fiammella di incertezza su un match ormai piegato sul versante dei più forti. Non è stato così e, alla luce del 2-1 targato Vasquez, almeno sul piano del punteggio quell'assurda decisione ha fatto la differenza.
Sgombriamo il campo da ogni equivoco: la Beneanata, conteggiando le palle gol costruite, si è imposta con merito e il punteggio finale, che attesta un successo risicato, concede il massimo degli onori al Grifone, ma qualsiasi tifoso rossoblù, anche a mente fredda, all'orgoglio per una prestazione a tutto tondo sei suoi ragazzi accoppia un altro sentimento: la rabbia per la solita ingiustizia che una “provinciale” subisce nella Scala del calcio quando la “big” fatica a prendere il largo.
Esaurito il lungo preambolo, va aggiunto che la fase difensiva del Genoa sino al fatidico 1-0 era stata eccellente per attenzione ed efficacia e non è un caso che la prima nitida palla gol sia stata di marca rossoblù. Ed ora è giusto chiedersi come si sarebbe sviluppato il match se Gudmundsson, sull'affannosa respinta del portiere Sommer a seguito dell'incornata di Retegui, avesse centrato la porta invece di compiere quel movimento innaturale.
L'Inter, squadra sorniona, ha rischiato di capitolare e per mezz'ora è stata messa nel sacco dai rossoblù, i quali – forse ingolositi dall'occasionissima suddescritta – hanno abbandonato la trincea e sono stati puntualmente puniti su un'azione da manuale in campo aperto rifinita da Sanchez e conclusa nel sacco dal giovane Asllani: roba da applausi. Otto minuti più tardi, lo show di Ayroldi.
Dopo l'intervallo, altre due opportunità di dilagare per l'Inter, ma il risveglio genoano, improvviso quanto perentorio, ha cambiato totalmente i connotati del match. Prendendo sempre più coraggio, ecco il Grifo trarre profitto delle strane titubanze nerazzurre per mettere le tende nella metà campo dei locali. Ad ogni traversone, i 70 mila cori nerazzurri provavano inedite fibrillazioni, trasformate in tachicardia pura dalla volée vincente dai venti metri di Vasquez nell'angolino basso. Gara riaperta al 54'.
Da quanto tempo la dominatrice del campionato non pativa a certi livelli? E dire che Gudmundsson non era in serata splendida e Retegui, asperrimo combattente, ogni tanto mancava in controlli di palla non improbi. La spinta però era veemente, soprattutto sulle fasce, con Spencer, subentrato a Martin, sulla sinistra, e Sabelli a destra, attivissimi. Arrivava anche il 2-2: gioia effimera, vanificata giustamente dal guardalinee, che scorgeva il fuorigioco a carico di Vitinha, subentrato da poco a Messias.
Solo verso l'80' calava il forcing di un Genoa comunque sul pezzo e sospinto dal coraggio tipico di chi non ha nulla da perdere: a conferma di ciò, l'ingresso al l'88' di Ekuban, quarta punta. Il pari non è arrivato, anzi la Beneamata ha provato anche la via del 3-1, ma al triplice fischio il popolo nerazzurro ha tirato un sospirone di sollievo. Da mesi abituato a beneficiate, non era assolutamente pronto a soffrire le pene dell'inferno.
Perdere fa sempre male, ma ci sono sconfitte e sconfitte, e questa è stata la più dolce. Sabato prossimo un'altra lombarda, ma di una stoffa che potrà essere taglia e cucita comodamente, con il carico di fiducia imbarcato a San Siro.
PIERLUIGI GAMBINO
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