La gara col Milan utile a capire che senza Piatek sarà buio pesto
Per mezzo campionato Piatek, fulgida invenzione di quel cacciatore di talenti che risponde al nome di Enrico Preziosi, ha mascherato a suon di gol i difetti del Genoa, che erano gravi e profondi, ma in superficie Non emergevano grazie alle formidabili capacità realizzative del bomber polacco, capace di capitalizzate qualsiasi mezza palla-gol gli capitasse.
Contro mezzo Milan (l'altro mezzo era in infermeria o dietro la lavagna), il Grifone ha dominato per 35 minuti, sin quando Pandev aveva fiato e benzina, costruendo una quantità industriale di opportunità offensive, vanificate però dall'assenza di un goleador appena presentabile. Con Piatek a duettare con Kouamé, il primo tempo sarebbe finito sul 2-0 per i rossoblù, avvantaggiati anche dall'uscita nelle file rossonere di Zapata, l'unico gigante. Dalle fasce sono giunte vagonate di cross, ma al centro c'era il deserto. Peccato davvero, perché anche il nuovo assetto introdotto da Prandelli – un 4-4-2 con Zukanovic centrale e Criscito terzino sinistro, il suo ruolo naturale – era parso promettente e foriero di speranza.
Normale, quasi inevitabile che quando tu spendi energie preziose nel tentativo di passare in vantaggio e non ci riesci, alla distanza finisca per pagare. Gradatamente il Genoa è sparito dal campo, mentre il Diavolo capiva sempre più di poter far sua la posta intera. In occasione del primo gol, colpevole è stato Criscito, ormai in netta flssione, ingenuo nel consentire a Conti di sferrare il comodo cross vincente. A chiudere su Borini doveva trovarsi Biraschi, claudicante da qualche minuto e impalato ad osservare l'agevole tocco del rossonero. La reazione genoana, piuttosto pallida, ha sortito la traversa colpita da Veloso e un'occasionissima (l'ennesima) sciupata da Bessa, a tu per tu con Donnarumma, ma per raddrizzare il match sarebbe servita ben altra incisività. Il raddoppio rossonero, in contropiede, è servito a dimostrare che in campo aperto Zukanovic, sino a quel momento il migliore della retroguardia rossoblù, si fa regolarmente piccionare anche da chi non ha il turbo nelle gambe.
Il commento in prospettiva non può che essere denso di preoccupazione. La cessione di Piatek, ennesima regale plusvalenza incassata dall'ineffabile Preziosi, si assomma alla perdita sino a fine stagione di Hiljemark, architrave di un centrocampo già debole al completo. Il solo auspicio è che la sconfitta abbia aperto gli occhi del presidente, inducendolo ad intervenire massicciamente sul mercato. Servono due rinforzi autentici nel settore mediano e almeno una punta che garantisca una discreta messe di segnature. In caso contrario, sarebbe a rischio addirittura la salvezza, visto che qualche pericolante si è avvicinata. Il calendario, davvero perfido, ha fissato per lunedì prossimo un autentico spareggio con l'Empoli: gara da non perdere ad ogni costo, sia per la classifica, sia per la tranquillità di un ambiente già squassato dalla somma decisione del Prez.
Il Joker ci ha abituato a cessioni in serie dei suoi “gioielli”, ma non era mai successo che, con la permanenza in A da conquistare, partisse il miglior giocatore dopo soli quattro mesi. E' un offesa bella e buona verso i tifosi, cui era stato solennemente promesso che nessun “big” avrebbe fatto le valigie a gennaio. Evidentemente, la voglia di catturare quei 40 milioni pur dilazionati è stata più forte della paura di finire tra i cadetti. Inaccettabile è la tesi secondo cui sarebbe stato controproducente confermare Piatek, allettato dall'offerta di ingaggio ricevuta dal Milan. Un club serio, se era intenzionato a tenersi stretto il suo campione, avrebbe dovuto denunciare immediatamente il club rossonero per indebita ingerenza su un calciatore sotto contratto ed invece ha aperto immediatamente la trattativa. Altrettanto umoristica è la tesi secondo cui il Genoa, senza i soldi di questa cessione, rischierebbe di fallire. E se la motivazione del teorico passivo si riferisse al numero pletorico di giocatori a libro paga, sarebbe da chiedersi come mai Preziosi se li è portati in casa. Molti di loro provenivano da campionati incolori e da infortuni seri, difficili da assorbire. Nell'elenco troviamo pure Favilli, ieri gettato in campo per la disperazione ma ancora impresentabile. E il prossimo è Sturaro, del cui impiego in campo si parlerà non prima di due mesi. I supporters genoani sono abituati a soffrire, garantiscono sempre e comunque un'appassionata partecipazione, ma non hanno l'anello al naso.
PIERLUIGI GAMBINO
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