GENOA BATTUTO, MA ESCE TRA GLI APPLAUSI E' RIMASTO IN PARTITA SINO AL RECUPERO
Come sarebbe finita Genoa-Atalanta se Gudmundsson, suggellando una delle prestazioni più incolori della sua vita genoana, all'88' non avesse centrato in pieno il portiere Carnesecchi da due metri forse i bergamaschi, nell'infinito recupero, avrebbero trovato la forza e l'occasione per tornare in vantaggio, ma è assai probabile che il match si sarebbe concluso con un verdetto salomonico. Cade così l'imbattibilità durata otto turni, di un Grifone pugnace, mai domo, ben deciso a fermare una squadra che attualmente può essere considerata inferiore solo all'Inter.
Gilardino, timoroso che i nerazzurri potessero stravincere sulle corsie esterne, sposta sull'out sinistro Frendrup rilanciando in mediana Strootman. Una mossa non campata in area, che frutta quasi mezza partita di relativa tranquillità. A fronte di due tentativi genoani nello specchio, effettuati da Vasquez e Retegui, i bergamaschi non si mostrano mai pericolosi, ma alla prima conclusione trovano il vantaggio grazie al ritemprato De Kateleare, cui Vogliacco lascia spazio sufficiente per esplodere la bordata vincente all'incrocio. Sino all'intervallo gli ospiti si lasciano preferire ma lievemente, al punto che il vantaggio parziale è parso a molti immeritato.
Rabbioso l'avvio di ripresa di un Genoa arrembante, che chiude gli ospiti nella propria area sino al momento del legittimo pareggio, ottenuto proprio da una bordata imparabile di Malinovskyi, un ex che aveva un contro aperto con Gasperini. Premio strameritato per un Grifone che compensa con la corsa e la determinazione qualche imprecisione balistica di troppo, soprattutto nel portiere Martinez, incaricato da Gilardino di avviare ogni trama con un lancio lungo, a superare il centrocampo. Retegui, pur inferiore fisicamente ai corazzieri nerazzurri, si batte come un leone accettando il ruolo di gregario per compagni non sempre puntuali ad assecondarlo. Soprattutto Gudmundsson (in calo da qualche settimana) manca all'appello: è in serata dispari ma soprattutto paga il gap” di centimetri e chili rispetto agli implacabili mastini del Gasp. Ma le sue difficoltà sono simili a quelle provate da tutti o quasi i suoi compagni, troppo più deboli nei contrasti e soprattutto nel gioco aereo.
L'euforia per il pari è effimera. Il Genoa, sospinto da trentamila indiavolati supporters, cerca di invertire il punteggio peccando di eccessivo coraggio e scoprendosi. Così basta un disimpegno pasticciato sulla trequarti per regalare all'Atalanta un'opportunità del nuovo vantaggio: letale la punizione calciata da Koopmeiners.
Il Grifo non si arrende, ma i due veterani del centrocampo, Strootman e Badelj, accusano crescente stanchezza e a metà ripresa finiscono sfiniti sotto le docce a pro di un esterno, Martin – con spostamento di Frendrup nel ruolo naturale – e di una terza punta, Ekuban. Da quel momento avanzate rossoblù saranno frutto più di nervosismo che di raziocinio, così i bergamaschi che iniziano a farsi frequentemente vivi nei pressi di Martinez, diventato il sommo protagonista. A capo di quasi dieci minuti di consulto, il Var annulla il tris ospite di Scalvini dopo due paratone dello spagnolo, ma è ormai evidente che in fase difensiva i rossoblù soffrono ad ogni offensiva avversaria.
Entra anche Messias, ennesimo calciatore a trazione anteriore, per Sabelli, e il Genoa accarezza il sogno del secondo pareggio con la suddescritta giocata dello spento Gudmundsson. Sarà l'ultimo sussulto genoano, visto che gran parte del recupero passa con i lombardi bravissimi a perdere tempo guadagnandosi una serie di corner e rimesse laterali. Poi, il disperato serrate dei locali verrà frustrato da due mazzate in sequenza – autori Zappacosta e El Bilal – che trasformano il punteggio finale in un castigo pazzesco per una balda neopromossa che, dopo il fischio di chiusura, sarà accolta dalla Nord con un fervi applauso e con un coro unanime: “Vi vogliamo così”.
Dopo tutto, la prestazione c'è stata e già il fatto d’essere stati in partita sino al recupero contro è da elogiare, considerata la contingente ispirazione della corazzata gasperiniana. Sconfitta indolore, definiamola così, pur con una punta di amarezza.
PIERLUIGI GAMBINO
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