Mezzo Genoa per il debutto di Sheva, serve la spinta della Nord
Tre lustri orsono, José Mourinho e Andryi Shevchenko erano entrambi a libro paga del potentissimo Abramovich, facoltoso patron del Chelsea: il primo come mago della panca, il secondo come campione a fine carriera. Domenica si reincontrano a Marassi, da colleghi, in una sfida tra squadre in crisi. Se l'Atene giallorossa piange per gli ultimi risultati non certo consoni a blasone ed ambizione della Lupa, la Sparta rossoblù non ha alcun motivo per sorridere e, anzi, prova sofferenze addirittura superiori, trattandosi non di piazzamento europeo bensì di vita o di morte. Si profila un match delicatissimo su entrambi i fronti, con speranze che fioriscono più per la crisi dell'avversario che per meriti propri.
Sul fronte genoano, si celebra la fine del lungo e discusso regime preziosiano, ma l'alba del nuovo giorno presenta un cielo plumbeo e minacce di piogge ulteriori, Sheva, buttatosi a capofitto in una realtà per lui inedita, ha subito dovuto affrontare il bollettino tremendo dall'infermeria, mai così rigurgitante di ospiti: se ne contano addirittura dieci, una sorta di record, e la gran parte è afflitta da problemi muscolari. La nuova dirigenza ha già provveduto a sostituire l'intero staff tecnico, compreso il preparatore atletico, ma si è ormai capito a Villa Rostan che il principale colpevole di questa strage è il terreno particolarmente duro che sopporta gli allenamenti, senza ovviamente trascurare l'aspetto anagrafico degli infortunati e le particolari situazioni di alcuni di loro al momento dell'approdo al Grifo.
Occorre dunque ricercare le cause e identificare a tempo di record i rimedi, ma il campionato bussa alle porte e il mister che viene dall'Est si trova con margini operativi esigui e parecchie scelte obbligate nonostante l'organico numericamente pletorico che gli è stato affidato. Le numerose assenze, oltre a privarlo di alcuni titolari fissi, potrebbero pure condizionarlo nella scelta del modulo, che va adattato ai giocatori disponibili.
Persino in porta si è temuto un forfait di peso, con il 38enne Marchetti – illustre ex laziale - designato a riassaporare l'atmosfera di un personalissimo derby. A ben vedere, la sola abbondanza riguarda i mediani, pur scarsamente assortiti a livello di caratteristiche. Non si escludono sorprese – il tecnico giustamente lavora con la massima riservatezza – ma Rovella e Badelj appaiono sicuri di una maglia e la sola incertezza riguarda il nome del loro partner, da scegliersi in un cospicuo mazzo di pretendenti.
Per il resto, quale che sia lo schema, la coperta è corta. Biraschi e Vasquez sono i centrali difensivi designati, ma nel probabile caso di difesa a tre dovrebbe essere ripescato Masiello, l'ultimo... sano, mentre sulle fasce, oltre a Cambiaso, diretto a sinistra per sostituire capitan Criscito, si candida Ghiglione, favorito per il posto a destra.
Meno complicato il varo del tridente offensivo. Probabile che – in mancanza dei pezzi da novanta Caicedo e Destro - tocchi al giovane Bianchi, decisivo con il suo sigillo a Empoli, piazzarsi al centro, ma chi lo supporterà? Su Pandev – cosiccome su tutti gli anziani disponibili - Sheva ripone un certo affidamento, nell'auspicio che l'emergenza risulti più incisiva dell'anagrafe. Il “nonno” presenta na ridotta autonomia atletica, forse andrebbe impiegato a partita in corso, ma quando la casa brucia certe considerazioni passano in secondo piano. Magari nella ripresa, potrebbe toccare a Ekuban o Kallon (neppure lui al cento per cento e in forte dubbio), due disposti a correre e a lottare, ma carenti di fiuto del gol. A meno che non rispunti quel Buksa che nell'era Ballardini non ha risposto alle attese.
Un Genoa così incerottato chiederà aiuto – e lo otterrà – alla sua gente, che a livello di prevendita sta già mostrando un sensibile ritorno di fiamma, ovviamente figlio del terremoto societario. Mai come stavolta la Nord (e... dintorni) dovrà essere il dodicesimo uomo, per far sì che la squadra supporti il nuovo corso del club conquistando l'agognata quart'ultima piazza finale. L'avvio di un'avventura così promettente (con il neo-presidente Zangrillo impegnatissimo ed entusiasta) guai se fosse accompagnato da una battuta d'arresto,
La banda di Mourinho, il cui operato sui generis inizia a suscitare più malcontento che appoggi da una piazza in fermento, si presenta a Marassi con qualche defezione pesante (oltre al cronico Spinazzola, Smalling e probabilmente capitan Pellegrini), con uno Zaniolo recuperato di fresco ma non a mille e con gli irrisolti problemi di identità. Certo, a scorrere i nomi dei giallorossi, si avvertono i brividi: i prodigioso Rui Patricio tra i pali, gli azzurri Mancini (in terza linea) e Cristante (centrocampista o centrale difensivo adattato?), Veretout in regìa, Mkhitaryan (o Zaniolo) e Abraham in attacco. Non manca un accenno nostalgico: probabile infatti l'impiego di Shomurodov, ceduto dal Prez in estate per fare cassa, e di El Sharawy, svezzato a Pegli. Entrambi sono passati dalla prima squadra rossoblù come meteore, nel segno di una politica societaria minimalista che si spera sia giunta finalmente al capolinea.
PIERLUIGI GAMBINO
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