Portanova l'ultimo alfiere di un Genoa che non sa segnare

16.05.2022 11:21 di Pierluigi Gambino   vedi letture

Mettendola giù cruda, potremmo scrivere: “C'è chi ha Osimhen e chi Portanova”. E' un'iperbole, chiaro, di cui ci scusiamo con il calciatore rossoblù, aggiungendo che in altre partite avremmo potuto sostituire il suo nome con quello di parecchi suoi compagni, non meno anemici di lui. Il Genoa non scende in B per i due clamorosi errori del figlio d'arte in zona gol, ma probabilmente, se almeno un'opportunità fosse stata trasformata, il Napoli avrebbe potuto anche sudarsi la vittoria.

Il Grifone abbassa definitivamente le ali e piomba dopo 15 anni nel Purgatorio, e se c'era ancora un flebile appiglio cui agganciare la speranza, questo è svanito al Maradona, dove i rossoblù hanno dominato per un quarto di gara, timbrando pure una traversa con Yeboah, ma alla prima accelerata avversaria si sono mostrati impreparati su un cross leggibilissimo da destra, sfruttato dal formidabile coloured azzurro.

Blessin aveva scelto l'assalto immediato, il pressing alto per sorprendere i partenopei, La tattica sarebbe riuscita se in avanscoperta il Genoa disponesse di incursori passabili. Così non è, e quei 25 minuti che avevano sorpreso un Ciuccio stranito sono trascorsi senza colpo ferire. Inevitabile che, una volta allentata la morsa, Criscito e C. pagassero quella fatica enorme e il primo caldo stagionale. Eppure, subito il gol, avevano ancora avuto la forza di sfiorare il pari, fallito da un Portanova tanto volenteroso quanto limitato tecnicamente. Come se non bastasse, ecco a metà primo tempo l'uscita per infortunio di Badelj, che stava dominando la scena: il suo sostituto Frendrup, preferito ad un Rovella evidentemente fuori condizione, lo ha fato ampiamente rimpiangere.

L'avvio di ripresa mostrava un "Napule" appagato dal vantaggio e proteso esclusivamente a far segnare capitan Insigne, al passo d'addio nel “suo” stadio. Davanti al Genoa si spalancavano spazi enormi, come se il pareggio non fosse poi così sgradito ai padroni di casa, ma proprio in certi frangenti così favorevoli è emersa ulteriormente la pochezza di una squadra decorosa se si tratta di difendersi ma assolutamente innocua in avanti. Quando Portanova, a tu per tu con Ospina, gli ha calciato addosso il più comodo dei palloni, che avrebbe fruttato l'1-1, è calato il sipario e il Grifo ha iniziato a non crederci più.

La forzata sostituzione di Hefti, altro acciaccato, con Hernani, è stato la mazzata definitiva. Assurdo, inspiegabile il tocco di mano del brasiliano in piena area, seguito dallo sbaglio di Insigne dal dischetto (con tap in annullato a Di Lorenzo), con tanto di generosa ripetizione, così da non rovinare l'homenaje del Lorenzo nazionale. Il tris firmato più tardi da Lobotka – quasi cinquanta metri palla al piede senza uno straccio di opposizione – è avvenuto dopo la resa di un Genoa impotente ormai rassegnato.

Giusto così, siamo onesti. La serie B non è maturata per qualche complotto o per un destino cinico e baro ma esclusivamente per le colpe di due gestioni una peggio dell'altra. Il Grifone costruito al risparmio da un distratto Preziosi era destinato sin da agosto alla retrocessione, a meno che a gennaio la 777 Partners non azzeccasse una cura da cavallo. Gli acquisti invernali si sono invece rivelati un'Aspirina per un malato terminale, e il dato dei gol realizzati in 37 partite, con la penultima squadra in fatto di prolificità staccatissima dai rossoblù non ammette attenuanti, giustificazioni o giudizi blandi. Si volti pagina in tutta fretta, facendo tesoro della montagna di topiche che hanno caratterizzato un'annata spaventosamente negativa. Qui non servono ritocchi, ma una ricostruzione da zero, con ben pochi superstiti.

          PIERLUIGI GAMBINO


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