Tre punti d'oro che tengono a galla ma serve vincere anche in trasferta
Una situazione paradossale quella del Genoa, che non può rallegrarsi più di tanto per l'apprezzabile rispetto dell'antica media inglese nelle tre ultime partite. Un exploit che solitamente sarebbe premiato con un fondamentale progresso in classifica, ma così non è in virtù del clamoroso cambio di marcia del Lecce, capace di travalicare i confini dell'immaginazione. Consoliamoci invertendo i termini della riflessione: il sudatissimo ma legittimo successo sul Cagliari, se non altro, tiene il Grifo in carreggiata salvezza, visto che il solo pareggio – verdetto non certo imprevedibile alla vigilia – avrebbe significato un'ipoteca sulla retrocessione.
Complimenti ai salentini, la cui dirigenza, in sede di mercato bis, ha interpretato alla lettera i desiderata del proprio allenatore: dentro tre centrocampisti titolari – Deiola, Barak e il Saponara emarginato nel clan genoano e rifiorito d'incanto in Puglia – che già conoscevano il calcio italiano ed hanno apportato fisicità e determinazione. Non tre campioni, ma uomini in grado di mutare i connotati del reparto nevralgico, quello che Preziosi ha potenziato col 35enne Behrami – pronto dopo qualche settimana di intensa attività fisica ma non ancora al meglio – e con Eriksson, tuttora oggetto misterioso: alla resa dei conti, meno rispetto a quanto fatto dal collega giallorosso.
Il Genoa, comunque, si conferma vivo e non è più una squadra allo sbando, a conferma dell'egregio lavoro svolto da mister Nicola. Non è più l'agnello sacrificale, quale che sia il valore dell'avversario di turno: una grandissima conquista, date le avvilenti premesse. Come logica suggeriva, il nuovo tecnico si è occupato principalmente di equilibrio tattico e di fase difensiva: compito assolto alla grande. E qui occorre pure riconoscere i meriti della società, che gli ha messo a disposizione due innesti di vaglia quali Masiello (esperto e tirato fisicamente a lucido dagli allenamenti del Gasp) e Soumaoro, diventato in men che non si dica un idolo del pubblico genoano, ammirato e moralmente sollevato dal suo fisico statuario e dai suoi puntualissimi interventi a centro area. Una volta tanto, la sorte amica si è materializzata in tempo per dire di no agli arrembanti cagliaritani, ma al di là dell'episodio conclusivo (traversa di Nainggolan e clamoroso tap-in mancato di Joao Pedro), la squadra di casa ha saputo limitare i rischi di capitolazione, nonostante la labile protezione di un centrocampo in angustie.
Tuttavia, per recitare un ruolo di protagonista nella bagarre per il quart'ultimo posto, non basta un successo come quello sul Cagliari, ma occorrono parecchi altri colpi da tre. Anche in trasferta, dove il Grifo ostenta il record umiliante di zero affermazioni da oltre un anno, non ci può più accontentare a priori del pareggino, che è sempre meglio di una sconfitta (come direbbe Catalano) ma costituisce un raccolto misero quando la classifica impone ben altri bottini. E qui ci si aggancia all'annoso, irrisolto problema di questo team, che può alternare un numero elevato di attaccanti senza guarire dal mal di gol. Il sempiterno Pandev ha tolto l'ennesima castagna dal fuoco, ma i due bomber designati – Pinamonti e Sanabria – hanno fatto cilecca. Vero che il popolo genoano li ha fervidamente applauditi per l'impegno profuso, ma ogni tanto le punte – in specie il centravanti – hanno il dovere irrinunciabile di buttarla dentro, tanto più in un collettivo come il Genoa attuale, privo (fatto salvo, forse, Sturaro) di centrocampisti e difensori capaci di arrecare insidie ai portieri rivali. Disperando ormai che Favilli – in teoria il bomber più dotato – debelli la sua proverbiale fragilità, l'ultima carta da calare è Mattia Destro, che sta faticosamente guadagnando una condizione fisica accettabile. E se sabato prossimo, sul terreno per lui abituale del Dall'Ara – riscoprisse finalmente le sue vecchie doti di cannoniere...?
PIERLUIGI GAMBINO
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