La dura legge del Ferraris vale anche per la capolista

30.12.2023 11:33 di  Franco Avanzini   vedi letture

di Pierluigi Gambino -

Il Genoa non fa figli e figliastri. Aveva strappato il pari alla Juventus ed ha pure rallentato la corsa sfrenata della capolista. La durissima, implacabile legge del Ferraris vale per qualsiasi “big”. E neppure stavolta si è trattato di un colpo di fortuna ma di un pareggio strameritato, che ha un'immagine simbolo ben precisa: l'irridente “torello” compiuto dai rossoblù settanta metri lontano da Martinez negli ultimi due minuti di recupero: all'insegna del “se ho la palla io, l'avversario il gol non lo fa”:

Altra prestazione capolavoro della banda di Gilardino, che come contro i bianconeri ha avuto la forza di riagguantare il match senza mai perdersi d'animo. Raramente la Beneamata, per oltre mezz'ora. aveva offerto la sensazione di poter passare all'incasso. Serviva un episodio, un'azione “sporca”, ed eccola confezionata da Bisseck, che spingendo a due mani Strootman in piena area poteva poi servire a Barella l'assist propedeutico al tap-in vincente di Arnautovic. Rete irregolare, sulla quale l'arbitro Doveri, per il resto inappuntabile, ha deciso di non intervenire e, non trattandosi di chiaro ed evidente errore, il Var non ha potuto, almeno ufficialmente, mettere becco. Per la cronaca, è stata la prima mezza occasione creata dai meneghini che – orbi di Lautaro e Dimarco – hanno perso almeno il 40 per cento del proprio potenziale offensivo. Sino al fatidico 42'. era stato il Grifo ad avvicinarsi maggiormente al gol, provando infinito rimpianto su cross di Strootman che Acerbi ha deviato ad un palmo dal palo.

Lo svantaggio non abbatteva i rossonlù, capaci di risalire la china con il miglior uomo in campo, Dragusin, autore forse della miglior partita della carriera: sul corner procurato dall'intraprendente Ekuban (confermato nell'undici iniziale a furor di popolo) e battuto alla perfezione da Gudmundsson, ecco il rumeno svettare e incornare verso l'angolo, dove il numero uno Sommer è intervenuto difettosamente, accompagnando la sfera nel sacco.

Dopo l'intervallo ci si attendeva un'Inter assatanata, ma al di là di un predominio territoriale neppur così marcato, la difesa genoana reggeva disinvoltamente rischiando solo inizialmente su sponda di Barella mal sfruttata da Arnautovic e più tardi su incornata di Acerbi rintuzzata da Martinez in tuffo. Null'altro da segnalare se non qualche velleitario traversone allontanato dai corazzieri rossoblù e dal numero uno di casa, sempre puntuale nelle uscite. Nell'area opposta, da registrare un colpo di testa di Vasquez (rilievo di De Winter come “braccetto” mancino dopo il riposo) assorbito in due tempi da Sommer.

Al di là delle note di cronaca, il Genoa ha vinto la battaglia della tattica e della condotta di gara, addormentando spesso il match e mantenendo il ritmo basso per irretire e far correre a vuoto i nerazzurri. Atteggiamento efficace dal principio alla fine pur con qualche flessione a ripresa inoltrata, ma senza mai ansimare.

Gilardino nell'ultima mezz'ora ha mostrato una bella dose di coraggio inserendo il convalescente Retegui e Malinovskyi, due elementi a trazione anteriore, per Ekuban e Strootman, ormai in debito di ossigeno. Poi, al 78', fuori Martin per Messias, altro giocatore più bravo in avanti che a fare filtro: segno che la nuova mentalità del Grifone, finalmente all'altezza anche nel possesso palla, non è più quella di difendersi ad oltranza davanti al proprio portiere ma di avanzare di parecchi metri il baricentro del gioco. Inzaghi forse non se l'aspettava ed ha finito per cadere nella trappola tesa dal collega genoano.

Nella graduatoria individuale, su tutti un Dragusin superlativo, ma la prova di Badelj è da “sette” pieno e una sufficienza più che abbondante va attribuita ai “gregari” Bani, Sabelli e Frendrup, altri architravi di un Genoa che nel giro di un mese e mezzo ha radicalmente modificato in meglio i propri connotati.

L'Inter certamente si lagnerà per le due assenze pesantissime patite, ma con un arbitraggio più oculato poteva anche andarle peggio.

                                  PIERLUIGI GAMBINO


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