Psycho Genoa
Io davvero non smetterò mai di sorprendermi. Il Genoa è energia primordiale, genesi magica, essenza del sentire, luce perpetua. E dramma… inevitabile.
In italiano: Genoa.
Era cominciato tutto così bene. Seduto a chiacchierare con gli altri sento una canzone familiare, una certa "Genoa" di tale Luca Canfora, avvolgere il Ferraris in attesa della partita. Mentre sono al telefono in auricolare penso che la musica venga da lì, poi mi chiamano gli altri e mi volto verso i maxi schermi. E' stata una sorpresa, gradita, emozionante, inaspettata.
Era cominciato tutto bene.
La Lazio gioca a memoria, come ci aspettavamo, con il solito canovaccio. Squadra veloce, tecnicamente di un livello diverso rispetto al nostro, giocano a memoria e la palla è sempre difficile da prendere. Basta e Lulic giocano praticamente sulle linee laterali, è il loro gioco, allargare la squadra avversaria ed affondare per vie centrali.
Così accade, e così arriva il calcio di punizione da cui nasce il primo gol. Perin ribatte, ma la palla è bagnata dalla (troppa?) acqua con cui è stato bagnato il prato nel pre partita, e vicino a lui non c’è nessun difensore del Genoa. Palla al centro.
La Lazio continua a macinare, ed il Genoa fa fatica a fare tre passaggi consecutivi. Davvero un senso di impotenza e di inferiorità calcistica notevole, simile a quello patito dal 2-0 in poi con la Juventus. La Lazio spinge ed affonda quando vuole. Solo l’imprecisione ed un grande portiere impediscono al risultato di aumentare e di chiudere la partita nel primo tempo.
Poi Juric dimostra di non essere nelle condizioni di poter controllare e gestire questa situazione, e non dico sia solo colpa sua, non mi addentro in meandri che non è possibile giudicare da qui. Centurion non fa molto bene, ma nemmeno è stato così disastroso, rispetto agli altri. Toglierlo alla mezz’ora di certo non è una bella cosa, per il giocatore, e per lo stesso allenatore, che appare confuso, spaesato, e, a sua parziale discolpa, solo.
Entra Pietro Pellegri, 16 anni, genoano, di Genova, con il papà in panchina. Cambia la nostra fase di attacco, con un giocatore che pur giovane ha il fisico e la testa del combattente. Il primo tempo scivola via mestamente, dando a tutti l’impressione che non ci siano proprio i presupposti per poter arrivare ad impensierire il portiere laziale.
Il secondo tempo inizia come era finito il primo tempo. Immobile sfiora il gol due volte, poi Perin compie un miracolo che ha del paranormale. Questo è il migliore portiere italiano, possono anche fare una statua in oro zecchino al pupillo di Raiola, ma questo non lo renderà il numero uno. Il numero uno gioca qui.
Poi la seconda scelta discutibile, dico io, di Ivan. Togliere Cofie. Ci mancherebbe, non ha tolto Iniesta, ma il ragazzo è stato uno dei più positivi, ha intercettato mille palloni, ha fatto comunque una buona partita, anche se dal punto di vista emotivo poteva cominciare a patire qualche rumor dagli spalti per qualche passaggio sbagliato negli ultimi minuti. Insomma, ad ogni modo, la fortuna sembra essere dalla parte di Juric, perché un minuto dopo si avvera il sogno di Pietro Pellegri, del padre che siede in panchina, della gradinata Nord, e del Grifone. Un gol lì, lì sotto, quello del pareggio.
Emozione, grande emozione, per tutti, una di quelle storie che non portano trofei, ma tanti occhi lucidi.
Ma siamo sempre il Genoa, e a ricordarcelo sono i minuti successivi, con la Lazio che preme e la nostra difesa che appare davvero inadeguata, non me ne vogliano i nostri, per questa serie A. E Ciro Immobile, che evidentemente non ci ama molto.
Voglio dire una cosa a Ciro. Sei un giovanotto, lo capisco, come capisco che essere beccato da migliaia di tifosi non sia gradevole. Sei pur sempre un ragazzo. Ma qualcuno dovrebbe farti capire che i tuoi comportamenti sono sbagliati, inopportuni, e stupidi, a maggior ragione essendo un giocatore della Nazionale. Sei uno scugnizzo di paese, ed è questo il livello che ti appartiene. Qui nessuno avrebbe mai fischiato Maldini, Baggio, Van Basten, Baresi, e tanti altri. Ma tu sei altra cosa, non dimenticarlo.
Tutto qui.
Arriva il gol di Immobile, come previsto, ed i suoi gesti infantili, previsti anche loro. Ma noi abbiamo Pietro Pellegri. Il pareggio è poesia, melodia struggente, amore, bellezza, e perfezione. Nessuno può permettersi di rovinare una serata come questa, nessuno a questo punto, nemmeno Dio, ha il diritto di togliere a Pietro Pellegri, a suo padre, e a noi, il ricordo di una serata storica, indimenticabile, irripetibile.
Nessuno, pensavo.
Poi è entrato Gentiletti. Sarò garbato, educato, ed umano. Gli errori esistono, fanno parte del gioco, della vita, dell’uomo. Ho riguardato quello che hai fatto, a casa, con calma, prima di esprimermi in modo definitivo. Niente, non voglio infierire, ma quello che ho visto non ha alcuna giustificazione, davvero, ce l’ho messa tutta per capire, ma non ci sono riuscito. Mio figlio, 9 anni, alla scuola calcio, l’ho massacrato per passaggi laterali infinitamente meno sciocchi, impensabili, improponibili, agghiaccianti, di quello fatto a metà campo da un giocatore di serie A, in un momento a noi favorevole, dopo un pareggio stupendo, mentre stavamo cercando di vincere la partita ed era chiaro che l’inerzia era a nostro favore.
La Lazio ci è superiore, fisicamente, tecnicamente, tatticamente, ed avrebbe comunque meritato di vincere. Ma non così, non in quel modo, non in questa serata. Tu non potevi, e non dovevi, nemmeno per scherzo ipotizzare di fare un passaggio laterale di quel tipo, da ultimo uomo, a centrocampo. Sono imbarazzato, incredulo, e perplesso. Davvero ragazzo, non so cosa ti sia passato per la testa, ma riguarda cosa hai fatto perchè è qualcosa di incredibile, che mi riesce difficile anche commentare.
Ora la situazione, inutile nasconderlo, si fa pesante, molto molto pesante, nella testa, nelle gambe, e nella classifica.
Urge prendere provvedimenti, seri, razionali, pratici, prima che l’annata appena appena trascorsa si trasformi in una drammatica seconda cavalcata verso il baratro.
Evitato per un soffio, un miracolo, un punto.
Guardatevi, nello spogliatoio, parlatevi, se serve prendetevi anche a schiaffi, poi datevi la mano e cercate di diventare una squadra.
Prima che sia troppo tardi.
Forza Genoa.
Luca Canfora
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