Genoa, Dan Sucu realista: “Ora pensiamo ai 40 punti, poi… si vedrà”
"Se tu ti occupi dei tuoi affari, i tuoi affari si occupano di te”. Lo slogan, inedito, è la summa della filosofia imprenditoriale di Dan Sucu, che gli ormai abituali soggiorni nella sede rossoblù e le capatine allo stadio, ha deciso di scoprire le attrattive del centro storico di Genova, come prologo alla partecipazione di un convegno con un titolo stuzzicante: “Genoa e il calcio: un nuovo ponte tra le economie di Italia e Romania”.
La Sala delle Grida nel palazzo della vecchia Borsa era gremito di personalità, attratte da un argomento di stretta attualità. E il presidente del Grifone, approdato al microfono in chiusura, si è svelato per la prima volta, soffermandosi a volo d'uccello sul calcio e descrivendo invece le origini della sua ragguardevole fortuna. Come premessa, un inno alla sua patria: “In tanti si saranno chiesti come possa un industriale di una nazionale economicamente povera, o giudicata tale, ad acquistare un club della serie A italiana. Io ce l'ho fatta, e vi confesso che la prima persona a parlarmi del Genoa, una trentina di anni fa, è presente in questa sala ed è già intervenuta”.
Il riferimento è a Chiara Piaggio, rappresentante sia di Confindustria Genova, sia di Ansaldo, l'azienda genovese che più ha investito in Romania. “In quel tempo - ha continuato Sucu – la situazione era diversa dall'attuale, ma negli ultimi vent'anni il PIL rumeno si è moltiplicato oltre quattro volte e solo l'Irlanda, ma per motivi... strani, ha saputo fare meglio di noi. Oggi sei milioni di rumeni lavorano in realtà private e 5 milioni sono emigrati in altri Stati, da dove mandano alle famiglie i denari necessari a vivere. Oggi i rumeni in Italia superano il milione e in Liguria sono 40 mila. A Londra, la lingua più parlata dopo l'inglese è la nostra. E oggi parecchi di noi hanno la forza di investire economicamente in Paesi importanti. Certo, noi di Coinfindustria rumena abbiamo guardato al tessuto economico di Italia e Francia come ad un esempio da seguire. Oggi la nostra associazione rappresenta il 32 per cento del PIL rumeno, ma saliremo ancora”.
Sucu è un self made man. “Iniziai – ecco il suo racconto – 32 anni fa aprendo un negozio con quattro dipendenti. Quattro anni più tardi il loro numero era salito a tremila! Vendevamo mobili e la nostra attività non ha mai avuto aiuti dallo Stato: imprenditoria pura. Speravo, commerciando mobili da ufficio, di garantire alle mie figlie un buon tenore di vita. Poi ci allargammo ad altri tipi di mobili, compresi sedie e salotti e più tardi ci estendemmo al settore residenziale”. Il suo approccio al football risale a 3 anni e mezzo orsono. “Divenni azionista del Rapid, la società rumena più antica, che dopo un fallimento economico era precipitata in quinta serie risalendo sino al massimo campionato. Ma per affrontarlo non bastavano i soldi. Ora il Rapid è stabilmente nelle prime posizioni, con l'obiettivo di guadagnare un posto nelle Coppe europee”.
E il Genoa? L'innamoramento è più recente: “Quando venni a conoscere la possibilità di entrare nella società rossoblù, feci le miei indagini, ma dopo quattro giorni avevo già deciso di accettare, e vi assicuro che sono felicissimo di averlo fatto”.
Oggi Sucu non è solo il principale azionista ma anche un innamorato del mondo rossoblù. “Quest'estate andai a Moena, dove la prima squadra era in ritiro, e vidi che oltre cinquecento famiglie si erano sopportate 5 ore di viaggio in auto per rimanere vicine alla squadra del cuore: una cosa straordinaria e una testimonianza di fiducia che fa il paio con l'investimento in bonds che un migliaio di tifosi ha portato a termine per finanziare la Badia, il nuovo alloggio dei nostri ragazzi. La ristrutturazione è ormai al 70 per cento. Per andare avanti occorrono umiltà, impegno e... 40 punti. Sì, vogliamo arrivare a quota quaranta e solo dopo guarderemo il cielo”.
Un'espressione stravagante, che non va letta come un proclama di grandezza ma come un inno al realismo: solo a salvezza prenotata si potrà guardare più in alto. Per finire, una frase semplice semplice ma significativa: “Avverto profondamente la responsabilità di gestire questo club e vi prometto per il futuro il mio massimo impegno”. Applausi scroscianti dalla qualificata platea. In precedenza, erano intervenuti il vice sindaco Terrile, l'assessore regionale Lombardi, il presidente della Canera di Commercio Attanasio e quello di Spediporto Giachero nonché l'ambasciatore rumeno in Italia, quello italiano in Romania e il numero uno della Camera di Commercio Italia-Romania. Tutti contributi di peso, atti a rimarcare gli antichi rapporto tra l'Italia, e in particolare Genova, con la gente rumena partendo proprio dall'economia. Oggi gli scambi commerciali tra i due Stati oltrepassano i 20 miliardi di euro e l'Italia è il secondo partner commerciale della Romania alle spalle della sola Germania. Non solo, il Bel Paese è terzo nella graduatoria degli investimenti esteri degli imprenditori di Bucarest. L'Ansaldo, pioniera di certi rapporti, è tuttora nel ristretto novero di industrie che curano la centrale nucleare di Cheravoda, mentre parecchi cantieri e operatori portuali genovesi operano nel lago di Costanza. Anche il comparto turistico offre numeri importanti, e crescenti, a livello di presenza di cittadini rumeni nel nostro Paese. Insomma, il matrimonio tra le due realtà nazionali è fecondo e si avvia ad un futuro ancora più soddisfacente, con un obiettivo che – purtroppo – si staglia all'orizzonte: la ricostruzione dell'Ucraina, martoriata da una guerra che prima o poi dovrà finire. E la Romania si candida come ponte ideale, che le aziende italiane potranno sfruttare al meglio.
PIERLUIGI GAMBINO
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